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Il miraggio dell’oro

Ventuno colpi di cannone per il “Grimaldo”

Milano, 1910: un distinto signore passeggiava per le vie illuminate e fredde del centro. La leggera pioggia non infastidiva né lui né il suo Macintosh; il suo fiero sguardo era concentrato invece sull’andatura, aveva un’aria fiera, pareva non prestasse attenzione alle scintillanti vetrine dei negozi o alla gente che gli scivolava accanto. Il suo pensiero fu distolto da un lontano petardo che preannunciava le festività natalizie. In un attimo, la sua mente elaborò quel botto, trasformandolo in una salva di cannone, anzi non una ma bensì ventuno. Dopo essersi seduto al solito e fumoso bistrot per sorseggiare un cordiale, i ricordi lo condussero in un luogo ben lontano da quel posto.

Milano nel 1910

Si chiamava Giacomo Repetto, era di Camogli (ramo Perrûcca) e abitava a Milano da una decina d’anni coi figli. Negli anni precedenti al suo ritiro dal lavoro, aveva navigato sui velieri, in tutti gli oceani, in tutto il globo. In quel periodo era noto per il suo sprezzante atteggiamento verso il pericolo del suo mestiere. La sua non era incoscienza ma, anzi, intuito: aveva la preziosa dote di affrontare le insidie e risolverle con lucidità. Soprattutto per questo fu uno dei più stimati Capitani della marineria Camogliese e le navi al suo comando furono delle più apprezzate dalle compagnie assicuratrici: sotto la sua direzione infatti, i rischi della navigazione ottocentesca erano notevolmente ridotti.

Il brigantino “Grimaldo”: 549 tonnellate di stazza

Con gli occhi sperduti nel passeggio di città, ma con la testa a bordo, si immaginava sulla sua unità nuova di pacca, il Grimaldo, uno splendido e veloce brigantino di 40 metri!

Nel 1872, Giacomo si trovava a Dublino in cerca di convenienti contratti di noleggio che potessero compensare in fretta le spese di costruzione della nave. Infatti gliene fu proposto uno molto favorevole: trasportare del carico alle isole Hawaii! A quei tempi, la navigazione nel Pacifico era  considerata rischiosa per i piccoli velieri, soprattutto perché non v’erano ancora comunicazioni via radio che potessero diffondere i preziosi bollettini meteorologici. Ma Giacomo era davvero tosto, per cui accettò l’offerta.
Il viaggio prevedeva la caricazione di merce varia a Waterford, sempre in Irlanda, poi attraversare l’Atlantico, doppiare Capo Horn e dirigere in mezzo al Pacifico, cioè a Honolulu, alle Hawaii. A quel tempo, le isole erano ancora un regno in piena espansione, per cui il mondo occidentale le riforniva di ogni tipo di merce. Repetto avrebbe dovuto poi pensare a far fruttare anche il viaggio di ritorno, per ciò aveva già un’idea a riguardo che aveva discusso col suo armatore.

Il viaggio del “Grimaldo” per le Hawaii. Il percorso giallo è
l’andata, quello verde il ritorno. I cinque mesi di ogni viaggio coprivano la navigazione di oltre 12.000 miglia, cioè 22000 chilometri!

Per effettuare il viaggio di andata, il Capitano impiegò 158 giorni, cioè 5 mesi, alla velocità di 4 nodi, che non era poi male per un veliero come il Grimaldo. Va anche considerato che l’unità attraversò due oceani, il difficile Capo Horn, poi due volte l’equatore con i conseguenti rallentamenti dovuti alle calme di vento.

Verso la fine del 1872, la nave arrivò ad Honolulu, che era già un centro avviato al commercio, specie con gli Stati Uniti. Va anche detto che gran parte di quelle navigazioni in Pacifico erano già effettuate con piroscafi, ormai considerati il futuro dello shipping di fine secolo: da questa situazione si comprende il ritardo tecnologico e commerciale che stava influenzando ancora la marineria italiana in genere.

Il re delle Hawaii (1863 – 1872), Kamehameha V

E di fatti, al grande monarca delle Hawaii, Kamehameha V (quinto), l’arrivo del piccolo Grimaldo a propulsione esclusivamente eolica, proveniente dalla lontana Irlanda, parve un’impresa portentosa e ne fu profondamente impressionato. Tanto che, mentre la nave approdava a Honolulu, il re ordinò di sparare ventuno salve di cannone, onorando così il Capitano Camogliese, il quale fu successivamente ricevuto in forma solenne al palazzo reale. Il pomposo benvenuto era anche dovuto al fatto che il veliero issava la bandiera italiana e che era la prima unità della nostra nazione ad entrare in un porto hawaiano!
Nei giorni successivi, terminata la scaricazione, Repetto, che aveva già pianificato il viaggio di ritorno in Europa, diresse verso l’isolotto di Baker, a Sud Ovest delle Hawaii, a circa due settimane di navigazione. Da lì avrebbe trasportato il prezioso guano per Flushing, in Belgio, dove arrivò cinque mesi dopo, doppiando nuovamente il Capo Horn.

Camogli ai primi del Novecento

Negli anni successivi della sua carriera in mare, Giacomo diresse altri velieri appartenenti ad armatori Camogliesi; su uno di essi, nei pressi del Capo Horn, fu vittima di un grave infortunio che lo rese claudicante per il resto della vita.

Milano, 1910: un altro petardo distolse Repetto da quella nostalgica navigazione: dinnanzi al caffè milanese, vide sparire come ologrammi evanescenti le piroghe festanti dei nativi hawaiani e le paurose ondate dell’Horn.
Erano finiti i tempi dei lunghi ed avventurosi viaggi. Col sostegno del suo batôn, si avviò verso casa, dove una calda cena l’attendeva con l’affetto della sua famiglia.=

(- immagini: archivio Capitani Camogli, archivio Ferrari, Pubblico Dominio;
– notizie: “Il romanzo della vela” di T. Gropallo; “Soprannomi dei Capitani e degli Armatori di Camogli” e “I Mille Bianchi Velieri della Città di Camogli” di P. Schiaffino)

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