Senza invadere il territorio storico della Camogli antica, ipotizziamo invece per un momento che il nome del centro marinaro derivò da “case delle mogli”.
Diviene pertanto facile accoppiare due personaggi della classica condizione Camogliese di fine ‘800: un promesso sposo imbarcato su un veliero in giro per il mondo e la promessa moglie, in attesa del suo ritorno in una casa a picco sul mare.
Ma attenzione, non si deve considerare l’apprensione di quelle mogli come la raffigurazione di un dipinto romantico Ottocentesco, cioè dove erano riprodotte le pazienti donne con lo sguardo perduto oltre la finestra sul mare, quasi ad amalgamare speranza e devozione. Molte consorti dei Capitani Camogliesi invero, imbarcarono insieme con i loro mariti in avventurose navigazioni Oceaniche o altre, furono addirittura rappresentanti dei loro sposi Armatori.
“Case di Camogli” (archivio Ferrari)
Ed ecco quindi una vicenda vissuta che accomuna tutto quanto detto sopra.
Due importanti Casati Camogliesi avevano compartecipato alla costruzione ed alla gestione di un veliero. Fin qui, tutto normale, diremmo, ma ecco invece che gli interessi economici vengono consolidati anche da un’alleanza di famiglia.
Una delle ragazze più belle della Città, di uno di quei due Casati, diede promessa di matrimonio al figlio dell’Armatore del Casato consociato.
Il veliero, quando fu pronto a prendere il mare, venne infatti chiamato “Promessi”, proprio in auspicio dì quel promettente legame. I due giovani avevano anche fatto progetti sul futuro: per mitigare nostalgia e lontananza, si sarebbero – una volta sposati – imbarcati insieme proprio sul “Promessi” negli itinerari del Mar Nero.
Il Capitano partì, ma purtroppo – durante una tempesta – un’implacabile scogliera Irlandese distrusse la sua nave e la sua vita.
Quando la notizia della tragedia giunse a Camogli, la giovane si chiuse nella sua casa e nel suo dolore. E due mesi dopo chiuse gli occhi, ormai già spenti dalla devastante tristezza.=
(Testo tratto da “Capitani di Mare e Bastimenti di Liguria” di G.B. Ferrari).