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Competere in oceano, un’attività che ci riesce bene

Ecco un agevole scritto che ci fa intendere quanto siano coinvolgenti gli episodi e la storia marittima in genere.

Nave da crociera in navigazione notturna
(archivio Capitani Camogli)

Costa del Messico, 1984. Erano le 2 del mattino, la nostra nave da crociera dirigeva verso Puerto Vallarta. Quell’approdo turistico era all’epoca in piena espansione: il business delle crociere non rimaneva indifferente all’ampliamento di quel mercato che avrebbe fatto concorrenza ai rodati itinerari caraibici.
Puerto Vallarta era perciò affollato; purtroppo, a quel tempo, il posto disponibile all’ormeggio era solo uno e se lo perdevi, dovevi ancorare in rada. Inoltre, non esistevano norme che assicuravano l’accosto ad una o all’altra nave, per cui, s’adottava il principio che “il primo che arrivava, procedeva per la banchina”.
Ritornando a quella mattina, il buio del ponte di comando era falciato dalle verdi “spazzate” degli schermi radar. L’ufficiale di guardia, aveva l’ordine di avvisare tutti se localizzava una qualsiasi nave che tentava di superarci, nel tentativo di arrivare prima. La notte pareva tranquilla, ma dopo qualche minuto, ecco un’eco grossa come un pisello sullo schermo elettronico. Era al nostro “traverso” a dritta, circa 10 miglia (18 km.). Il tracciamento digitale mostrava che navigava con la nostra rotta e velocità: si trattava perciò di una nave diretta anch’essa a Puerto Vallarta e che, ovviamente, era al corrente della legge “chi primo arriva meglio alloggia”. Quando il Capitano fu avvertito della situazione, decise di mantenere per qualche miglio la stessa velocità del “bersaglio” ma, dopo averci pensato,  ordinava di mettere a tutta forza per Puerto Vallarta. Fummo fortunati, l’altra nave “non ne aveva più”, rimase indietro e conseguentemente, arrivammo per primi in porto al nostro comodo ormeggio.
Riflettei sul fatto che quel tipo di competizione era possibile poiché ci si trovava in mare aperto, cioè in quella distesa d’acqua che utilizziamo per svariati obiettivi e che è anche un’arena dove sono possibili trasporti, divertimenti, tragedie, ma soprattutto confronti e, in quel campo di gara ottimale, non esistono invalicabili monti o residenti ostili.


Le traversate atlantiche del Rex, di Colombo e di Soldini
(grafica Capitani Camogli)

Era anche un campo di gara l’oceano Atlantico nel 1492, quando la scoperta dei tre velieri del genovese Cristoforo Colombo liberò l’Europa dall’oscurità del Medio Evo. A quel tempo, le esplorazioni da parte delle potenze europee si fecero più frequenti, ogni regno desiderava imporre il proprio monopolio sui nuovi territori conquistati. E quelle flotte di condottieri ed esploratori, forse più vicini alla definizione di “corsari”, navigavano l’Atlantico in lungo ed in largo per imporre e sfruttare i propri nuovi domini. E’ quindi evidente che Colombo doveva far presto ad arrivare nei nuovi territori: i reali spagnoli, interessati ad oro e spezie, sapevano bene che era una questione di tempo.
Infatti il tempo che la Santa Maria e le altre caravelle, partite dalle Canarie come ultimo porto europeo, impiegarono per arrivare a San Salvador nelle Bahamas, fu tale che garantì alla flottiglia una velocità di circa 5 nodi (9 km/h), con il naturale ausilio dei venti periodici atlantici (alisei) che sospinsero quasi costantemente dai quartieri di poppa le vele quadre di quelle navi.

E spazio di competizione – questa volta più marcato – si trova sempre in Atlantico nel 1933, quando un meraviglioso transatlantico italiano, il Rex, vince il primato di nave passeggeri più veloce ad attraversare l’oceano, da Gibilterra a New York. La nave, comandata dal lericino Francesco Tarabotto e diretta in macchina dal genovese Luigi Risso, viaggiò ad una vertiginosa velocità media di 29 nodi (54 km/h), aggiudicandosi così il famoso “Blue Ribbon” (nastro azzurro). Quella famosa competizione era motivo di confronto d’immagine tra le maggiori marinerie dell’epoca come Inghilterra, Francia, Stati Uniti e Germania.
Per completare questo scritto, inseriamo qui un commento che riguarda il mondo della vela, storicamente ricco di competizioni. Già i velieri camogliesi furono protagonisti di cavalleresche gare oceaniche con unità similari di altre nazioni durante le loro traversate, vedi le vicende del Capitano Lazzaro Brigneti.

La strambata: con vento sempre in poppa, si cambia la rotta (e le mure) per ottenere una migliore velocità
(grafica Capitani Camogli)

In particolare, i brigantini a palo furono le navi che si dimostrarono più versatili in ogni tipo di navigazione, vuoi in Mediterraneo, in Atlantico e negli stretti. La vela aurica del “palo” appunto, consentiva loro anche di “stringere” il vento, mentre le vele quadre dei due alberi prodieri permettevano un’ottima andatura con vento in poppa. Certe “manovre” (cioè corde) delle vele, erano chiamate “strambe” e perciò era d’uso comune chiamare “strambata” quel cambio di rotta (cioè di mure) che si effettua col vento in poppa e in velocità. Con l’accorto cambio di angolazione della vela aurica del palo e del timone, si “accosta” da dritta a sinistra o viceversa. E’ un po’ l’opposto della “virata” (con vento in prora) che però si effettua ovviamente a velocità molto ridotta. In tutti e due i casi si deve fare molta attenzione a rimanere in posizione di sicurezza rispetto al boma della vela aurica poiché al cambio del lato/vento, lo stesso si abbatte improvvisamente da una banda all’altra.


Il brigantino a palo camogliese “Industria” in un lavoro dell’americano Thomas Willis. Notare a destra un’imbarcazione concorrente dell’America’s Cup del primo ‘900 (archivio Capitani Camogli)

Tutte le esperienze descritte sopra sono affiorate nella recente vittoria del trimarano a vela Maserati Multi70 che, lo scorso 13 gennaio 2023, ha vinto la regata RORC (Royal Ocean Racing Club) 2023, partita dalle Canarie con arrivo all’isola di Grenada, nei Caraibi.
Lo skipper dell’imbarcazione era il lombardo Giovanni Soldini, famoso per le sue traversate e competizioni nei mari del globo. Da qualcuno, le regate odierne sono osservate storcendo il naso, ma è comunque un fatto che se ti trovi in mare con un mezzo ultramoderno, la tua gara diventa invece molto competitiva se hai in giro almeno due altrettanto forti concorrenti che ti insidiano sino all’arrivo.
Per sfruttare l’aliseo di NE, di strambate Soldini ne ha fatte tante, come sicuramente fece la Santa Maria e ha registrato una notevole velocità di 29 nodi, come il Rex. E’ ovviamente stato abile a sfruttare appunto l’aliseo in poppa, specie nell’ultima fase del confronto, battendo i concorrenti nella “tattica del vento”.

Siamo perciò entusiasti che i navigatori italiani riemergano sistematicamente nelle grandi competizioni marinare.=

 

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