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Camogli e Dragut

Dopo anni di distorsione storica dovuta sia al tempo passato e sia alla trasformazione da eventi drammatici a storie e leggende romantiche – senza scordare l’ultima componente turistica – da semplici appassionati, crediamo sia corretto rivisitare alcuni punti di un’epoca che toccò Camogli da vicino.

Un attacco a Camogli
Immaginiamo una bella notte d’estate di metà ‘500. Gli abitanti riposano; solo i soldati di guardia al Castel Dragone sono all’erta. Il centro è buio, gli eventuali fuochi sono tenuti spenti per non essere usati come riferimento da chi arriva dal mare. Improvvisamente, su Punta Chiappa si alzano le fiamme di un grande falò: è il segnale che tutti temono, stanno arrivando le galee di Dragut!

Veduta di Camogli da Punta Chiappa, sulla quale era ubicata la guardia agli incursori barbareschi

Le vedette del Castello allertano i loro superiori, il prete, il sindaco. Camogli si sveglia di soprassalto e le donne con i bimbi si rifugiano di corsa sulle crose dei monti Esoli e Portofino: hanno già da tempo predisposto quei nascondigli. Gli uomini validi rimangono a difendere il centro abitato e la striscia di spiaggia. Le vedette del Dragone si affrettano a comunicare a Genova che l’attacco dei corsari barbareschi è prossimo. Infatti, tre galee spinte dalle file di remi arrivano velocemente dinnanzi a Camogli in pochi minuti; chi è rimasto a difenderla, riesce ad individuare i variopinti indumenti arabi di quei sinistri nocchieri urlanti. Sanno che su quelle navi potrebbero essere stivati dei prigionieri, delle reliquie, del bottino. Da Genova, non si scorgono navi soccorritrici, ma San Prospero salverà la popolazione da quel brutale saccheggio. Infatti nella piccola chiesa dell’Isola, il prete ricorda alla gente raccolta in preghiera che San Prospero era fuggito dalla Spagna invasa dai saraceni secoli prima e proteggerà perciò Camogli. Ed infatti, le tre unità ottomane proseguono la loro navigazione verso Recco, dove l’approdo è più agevole. Dopo il saccheggio, con il favore della Tramontana rimettono la prua verso la Corsica con il loro carico di preziosi e schiavi.
A bordo delle galee che scomparivano all’orizzonte, correva voce tra gli stessi barbareschi che era quasi impossibile razziare Camogli e la sua gente, per via di “quel Santo che la proteggeva…”

Immagine del Castel Dragone: notare le ripide scogliere

Il contesto dell’epoca
Quel periodo fu denso di impulsi politici e religiosi; l’Europa fu teatro di guerre e dissidi nazionali d’ogni genere. Tra questi, vi fu la colonizzazione delle Americhe, con i relativi stermini di popolazioni indigene; vi fu pure l’inizio della Riforma Protestante e la tentata invasione dell’Impero Ottomano in Mediterraneo che aveva come ultimo obiettivo quello di assoggettare e convertire all’Islam tutto il continente europeo.
Di quella strategia faceva parte l’ammiraglio turco Dragut, che ancor oggi, è riconosciuto come uno dei più grandi capi militari del mare. Non è infatti un caso che città, centri religiosi, navi e monumenti vari siano a lui dedicati in Turchia, suo paese d’origine o in Libia, dove è sepolto. E’ noto che l’ammiraglio (kapudàn pascià) fu (ed è ancora) famigerato per la sua ferocia, ma chi a quei tempi non lo era? Basta leggere le pagine storiche delle scoperte e conquiste da parte di potenze europee oppure la dolorosa piaga dello schiavismo che durò – almeno ufficialmente – sino ai primi dell’800.
Poi, il fenomeno delle incursioni barbaresche iniziò a diminuire gradualmente dopo la storica Battaglia di Lepanto (1571), dove le forze della Lega Santa batterono definitivamente quelle Ottomane.

La persona Dragut
Era un corsaro, non un pirata. Cioè assaliva coste, navi, catturava schiavi, rapinava con una spiccata malvagità, ma in nome dell’Impero Ottomano. Disponeva infatti di “lettere di corsa” che lo autorizzavano ad assalire quegli stati che erano in guerra contro l’Impero che rappresentava. Si nota qui la differenza con i pirati che, sì effettuavano anche quelle efferatezze, ma a titolo personale o delle loro ciurme e contro chiunque; erano cioè considerati dei criminali da tutte le marinerie globali dell’epoca. Prova ne è che corsari come Sir Francis Drake o lo stesso Dragut, ancor oggi vantano di essere menzionati in vie o piazze e monumenti delle nazioni che li proteggevano. Per esempio, è improbabile che Dragut sia ricordato in una via europea, come Drake non lo è in una spagnola.
Come abbiamo detto, fu un grande capo militare. La sua educazione fu meritocratica, cioè nell’Impero Ottomano anche un semplice marinaio poteva aspirare a diventare ammiraglio in capo. Ciò era differente dalle marine europee di quell’epoca, dove un ammiraglio diventava tale sia per la sua formazione militare e politica che per la sua appartenenza a casato nobile.

Il Castel Dragone di Camogli, teatro per secoli dei fatti cittadini

A Camogli rimase l’eco della minaccia Barbaresca per molto tempo, vasto fu il terrore lasciato dalle precauzioni prese e dalle innumerevoli storie e leggende sulla figura dell’ammiraglio. Pare che il nome della Cala dell’Oro si riferisse al fatto che lo stesso Dragut avesse nascosto in quella stretta baia parte del suo bottino: forse si trattava di un espediente degli abitanti locali per attirare oppure allontanare eventuali curiosi in quel luogo; sembra infatti improbabile che avesse nascosto un tesoro proprio nei dintorni dei territori nemici. La sua fama e persona provocava inoltre un forte interesse da parte delle donne, che egli contraccambiava: varie furono le relazioni galanti o meno che lo coinvolsero in Francia, a Genova, nel Regno di Napoli per esempio, spesso connesse con ambienti regali, nobili e politici.

I dintorni della Cala dell’Oro, nei pressi di San Fruttuoso

La sua flotta
Essendo un corsaro barbaresco (cioè proveniente dalle terre del Nord Africa), le sue basi navali erano specialmente in Tunisia, Marocco, Libia. Disponeva di una flotta di circa 100 grandi e piccole galee. All’epoca, quelle navi erano usate da tutti i paesi mediterranei, avevano file di remi e vele latine, così da poter navigare in ogni direzione. I rematori (come oggi) sedevano sui banchi e proprio in base al loro numero veniva individuata la grandezza della nave: 18 banchi per lato significavano almeno 36 rematori. Per fare una grezza proporzione, il Dragun, la caratteristica piccola galea-sciabecco di Camogli, dispone di 6 banchi (12 rematori) ed è lunga 11 metri; se ne deduce che una media galea barbaresca poteva essere lunga 25 – 30 metri. Le flotte d’attacco nelle nostre coste prevedevano di solito una media galea e due piccole, a volte chiamate fuste che avevano il compito d’avanguardia. Le armi da fuoco presenti a bordo si riducevano ad archibugi e colubrine; specie queste ultime venivano usate solo in caso di necessità poiché le loro vibrazioni danneggiavano lo scafo in legno della nave. Anche gli imprecisi archibugi erano usati poco e solitamente per spaventare le popolazioni col loro gran rumore e fumo. In definitiva, l’arma più efficace utilizzata dai corsari barbareschi fu sicuramente la “sorpresa spietata”.

Lo sciabecco-galea Ō Dragōn, notare i 6 banchi di remi

Come già accennato, a Camogli, gli abitanti, avvisati dell’arrivo dei Barbareschi dalle vedette di Punta Chiappa, si rifugiavano nelle alture dei monti retrostanti: i corsari – anche se erano molto familiari con le impervie scorciatoie montane della Corsica – non li avrebbero seguiti fin lassù anche perchè dovevano razziare in fretta: da Genova potevano giungere navi di Andrea Doria.

Cannone nei pressi del Castel Dragone

E’ infatti significativo che i corsari preferirono centri come Recco e Rapallo poiché hanno un immediato entroterra più pianeggiante quindi era per loro più agevole inseguire e rapire gli abitanti. Le loro unità, specie le galee maggiori, dovevano ospitare oltre l’equipaggio, anche il bottino razziato nelle varie incursioni e le persone ridotte in schiavitù. Dovuto alle enormi energie spese dai rematori durante la navigazione, la provvista d’acqua era una necessità primaria per il prosieguo della spedizione: la sorgente di San Fruttuoso fu una delle mete più frequentate.
A parte il Nord Africa, una base d’appoggio molto sfruttata da Dragut fu Girolata, all’epoca nella Corsica genovese, tra Calvi e Ajaccio. La flotta estiva di Dragut che si fermava in quella baia protetta per rifocillare l’equipaggio, gestire i bottini razziati e gli schiavi, era costituita da una decina di navi; d’inverno invece, la loro flotta si concentrava in assalti nel Mediterraneo meridionale, in Sicilia, Malta, Grecia.

Le postazioni di guardia
Gli attacchi dei barbareschi avvenivano solitamente di notte. Dragut o i suoi fedeli subalterni conoscevano palmo a palmo la nostra costa. Era considerato “una carta di navigazione umana”: per lui l’intero Mediterraneo non aveva segreti. A protezione di Camogli e centri limitrofi, vennero istituiti dei gruppi di guardie che, tramite falò di notte e fumo di giorno, davano l’allarme. In quei tempi di difficili intese tra i vari comuni, non fu semplice mettersi d’accordo su chi doveva fornire e pagare le guardie. A Punta Chiappa v’era un nucleo di sorveglianza che vegliava soprattutto sull’accesso alla Cala dell’Oro e San Fruttuoso frequentatissime per sbarchi in costa e provviste d’acqua. Una volta ricevuto l’allarme, Camogli si preparava alla difesa del suo centro tramite il Castel Dragone. La struttura era stata costruita inizialmente dopo l’anno 1000 come centro aggregativo ma, soprattutto, per difendere Camogli dalle varie battaglie contro fazioni politiche avversarie. A quel tempo c’era anche il pericolo dei Saraceni, anch’essi Musulmani, provenienti generalmente dalla Penisola Araba, che facevano parte dell’invasione islamica iniziale dell’Europa, cominciata in Spagna.
I Saraceni non infastidirono Camogli prima e neppure i Barbareschi dopo: si ritiene che ciò fu dovuto alle impervie scogliere del Castello come pure alla pressochè inesistente spiaggia di allora, cioè era difficoltoso per i corsari “ammurrare e saltare dalla prua a terra”.

La Torre Doria a San Fruttuoso (1562)

Il castel Dragone, intorno al 1500, fu dotato di archibugieri e cannoni di varia misura. Nel 1561 fu costruita la torretta della Cala dell’Oro, erroneamente chiamata “del saraceno” (per quanto detto prima sarebbe corretto chiamarla del barbaresco) e usata per sorveglianza; un anno dopo, fu innalzata la Torre Doria a San Fruttuoso, con funzioni prettamente difensive. Sempre in quel periodo, dalla comunità della chiesa di S. Nicolò venne evidenziato il possibile pericolo di razzia barbaresca a Porto Pidocchio, soprattutto per un eventuale rifornimento d’acqua nella vicina fonte: come tutela a tale possibilità, venne richiesto un posto di guardia stabile. Tale supplica venne però respinta poiché la costa del luogo non rappresentava evidente interesse per i barbareschi a causa della sua costa spiovente, senza contare che la più accessibile sorgente di San Fruttuoso era molto vicina.

Conclusione
Pare che Dragut avesse anche uno spiccato senso dell’umorismo, tanto che, durante i quattro anni di prigionia sulle galee genovesi (1540-1544), fu riconosciuto – in catene – da un Gran Maestro dell’ordine di Malta che gli disse (in spagnolo): “Signor Dragut…usanza di guerra!” e lui rispose: “…e mancanza di fortuna!”
Rimane infine emblematico un dipinto di William Key conservato a Genova nel Palazzo del Principe, che ritrae un anziano Andrea Doria nella tranquillità del suo buen retiro, mentre osserva e contempla il suo splendido gattone che aveva chiamato difatti Dragut.
Quest’ultimo morì in battaglia a Malta nel 1565, alla considerevole età di 80 anni; era di 20 più giovane del suo eterno nemico l’ammiraglio genovese Andrea Doria, che morì nel 1560 all’altrettanto considerevole età di 94 anni e col quale ebbe un accentuato rapporto di stima-antagonismo. =

(Immagini Archivio Capitani Camogli – Notizie attinte da: Bollettino del Santuario del Boschetto – Vari domini pubblici Internet)

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