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Navi e pacchetti

Ricordo che negli anni ’80, nei Caraibi si stava compiendo un cambio “generazionale” di navi passeggeri. Certe nobili “signore”, costruite negli anni ’50, mutavano la loro funzione da navi di linea a navi da crociera; le moderne e tecnologiche unità appena uscite dai cantieri nord europei o giapponesi – con rispetto – le ammiravano e ne commentavano la storia.
I nuovi armatori del business delle crociere avevano intuito il tramonto definitivo delle traversate oceaniche, fenomeno causato dall’invasione dei jet commerciali nei cieli del mondo. Ma era ancora presto per demolire le navi esistenti, bisognava guadagnare ancora molti soldi e soprattutto, le leggi di sicurezza e della protezione ambiente non erano stringenti come oggigiorno. Una nave vecchia di trent’anni poteva cioè subire delle modifiche tecniche a prezzo accettabile. In definitiva, sul breve termine, era più conveniente rattoppare le nobili “signore” che acquisire una più costosa unità nuova di pacca.

Nave da crociera “Mardi Gras” ormeggiata a Miami, anni ’70

Perciò incontravo spesso ex navi di linea che effettuavano itinerari settimanali dalla Florida alle Bahamas o anche più giù, a Saint Thomas o Puerto Rico. Ce n’erano parecchie: ricordo l’Angelina Lauro che bruciò a Saint Thomas, ma anche la Leonardo da Vinci o l’enorme France, chiamata poi Norway dopo il cambio di utilizzo e questo, per citarne davvero alcune. Io stesso lavoravo sulle prime navi della Carnival, ex blasonate navi di linea e postali: Mardi Gras (ex Empress of Canada), Carnivale (ex Empress of Britain) e Festivale (ex Transvaal Castle).

La nave “Angelina Lauro” a St. Thomas dopo un terribile incendio

Tra quelle unità, una bella “signora” faceva sfoggio delle sue immacolate strutture, era la Mermoz; aveva sulla ciminiera dipinto il logo della propria compagnia, la Croisières Paquet.
A quel tempo la chiamavamo il “pacchetto”, ritenendo che quel titolo fosse una frettolosa traduzione dal francese del suo armatore, oppure un metodo per indicare che in passato era stata utilizzata come nave di linea o in servizio postale. E così continuammo a identificarla, fino al giorno che scomparve per essere demolita con onore su altre spiagge, quelle indiane.

La “Mermoz” (courtesy of https://www.simplonpc.co.uk/

Ma “pacchetto” significava nave postale?
Visitando il 1700-1800, ecco che si intuisce immediatamente il rapido sviluppo delle nazioni colonialiste che causò la necessità di corrispondenze strategiche e commerciali con i propri possedimenti sparsi in tutto il mondo. Anzi, ben presto si comprese l’importanza di seguire degli itinerari precisi, con partenze pressochè fisse.
Le prime unità furono quelle da guerra, poi si utilizzarono navi mercantili come scune, brigantini, navi e i veloci clippers. L’Inghilterra aveva molti servizi postali con le proprie flotte di “packet boats” attraverso i tre oceani e – nel XIX secolo – anche i fiorenti Stati Uniti esordirono in quel traffico.

Vele delle navi gestite dalla “Blak Ball Line”

Quelle navi dapprima trasportavano la classica corrispondenza e, successivamente, verso metà Ottocento – giusto per rendere il viaggio più redditizio – si allargarono anche ad ospitare persone e a trasferire vari tipi di merci.
Una delle compagnie di packet boats più conosciuta era l’americana “Black Ball Line”, ovvero la prima azienda che, dal 1818, effettuò viaggi regolari trasportando posta e altre merci tra New York e Liverpool. I suoi velieri erano immediatamente riconoscibili poiché mostravano una sfera nera sul parrocchetto basso del trinchetto. Notiamo che a quel tempo le insegne nazionali e sociali erano mostrate solitamente tramite bandiere; era raro cioè, che le vele stesse indicassero gli emblemi armatoriali della nave: basta osservare la velatura delle navi di Camogli per comprendere che tale pratica non era in uso nella nostra marineria.

Oltre agli Stati Uniti e Inghilterra, anche la Francia utilizzò le packet boats al pari delle altre grandi nazioni marittime. Sicuramente, quel termine fu inizialmente assimilato dall’inglese, ma verso metà ‘800 qualcosa cambiò. A quell’epoca, il celebre armatore Nicolas Paquet gestiva la sua “Compagnie de Navigation Paquet” che nel ‘900 sarebbe divenuta appunto “Croisières Paquet”, alla quale appartenne poi la Mermoz.

Per mettere un po’ di carne al fuoco, diciamo che ancor oggi, i francesi chiamano “paquebot” le navi da crociera più moderne, probabilmente riferite a Paquet. Poi però leggiamo in alcuni loro siti web che tale termine deriva dalla reciproca parola anglofona. Insomma, se all’estero “nave pacchetto” vuol dire “postale o di linea”, in Francia può riferirsi anche ad una moderna nave da crociera che nulla ha a che fare con il trasporto di corrispondenza o col traffico di linea.

Concludiamo con un breve cenno sulla Mermoz. Il suo nome è riferito al celebre aviatore Jean Mermoz che, nel 1936, sparì in Oceano Atlantico mentre effettuava il servizio postale tra Francia e Sud America. A Mermoz sono intitolate strade, scuole, campi di aviazione, francobolli, etc., non solo in Francia, ma anche in Senegal e vari stati del Sud America. Inoltre, Mermoz era amico di un altro celebre pilota d’oltralpe, Antoine de Saint-Exupèry, l’autore del “Piccolo Principe” che, con la contemporanea Amelia Earhart, formano la più formidabile triade di piloti aerei mai esistita.
Infine, aver dato il nome di un pilota postale ad una nave della “Croisières Paquet”, fa intendere l’evidente legame che quella compagnia aveva con le navi “pacchetto”.=

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