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Il destriero in mare

Durante un incontro nella nostra suggestiva Sede, un Socio avanzò una domanda insolita: “I cavalli hanno influito sulla storia della navigazione?”

Qualche Membro anziano balbettò tre parole di routine, ma in effetti gli altri Soci presenti ebbero difficoltà a definire l’argomento.
Eh sì, perché parlare del cavallo storico non è semplice: questa straordinaria creatura è stata sicuramente vincolata alla nostra razza, sostenendola in miriadi di attività e imprese per un periodo di tempo molto più rilevante rispetto a quello dei motori. Stiamo parlando di un autentico dono della natura: un animale generalmente di indole affidabile e versatile, dotato di energia e velocità, il quale può trainare eccellentemente dei carichi o trasportare persone sul suo dorso.

Scena di porto ottocentesca

E allora ecco che viene arduo individuare i campi dove le navi hanno incontrato i cavalli, eh già, proprio perché si parla di numerose attività.
Come è intuitivo, i mezzi che solcano il mare hanno bisogno di energia sia quando sono in porto o al largo. Senza arretrare troppo nel tempo, si può immaginare il trasporto di merci e persone nei pressi degli ormeggi, oppure il movimento di attrezzatura pesante nei cantieri navali. Ma anche l’inoltro di posta e messaggi urgenti. Va qui ricordato che l’utilizzo del cavallo continuò ben dopo l’invenzione della macchina a vapore (1698) e della conseguente locomotiva (1829), cioè sino alla fine dell’800.


L’eterna sfida

Questi erano aspetti indiretti dell’influenza del cavallo sullo shipping, vediamo però l’obiettivo di questo scritto: i cavalli sulle navi.

Sicuramente i nostri quadrupedi sono sempre stati trasportati su galleggianti per viaggi brevi, facilmente possiamo immaginare che “da sempre” furono presenti nei continenti, eccetto due: il Nuovo e il Nuovissimo, cioè le Americhe e l’Australia. Eh già, perché in quelle due parti di mondo ce li dovevano portare e quindi li troviamo difatti a bordo di due significative navi.
Entrando perciò nell’anima di questo scritto, nel 1493, nel suo secondo viaggio verso le Indie Occidentali, Cristoforo Colombo portò dei cavalli a bordo delle sue 17 navi.

I primi nel Mondo Nuovo (1493)

Una certa quantità venne lasciata alle Isole Vergini; è possibile che quegli animali rimasero confinati all’area caraibica poiché la vera loro introduzione nella terraferma americana fu opera delle spedizioni coloniali spagnole dei primi decenni del 1500. Dall’area messicana, i cavalli si distribuirono poi nel Nord e Sud America. Per gli appassionati di questo argomento, diciamo anche che vi sono tracce di quadrupedi in America in periodi storici molto remoti, che però si estinsero fino all’arrivo degli spagnoli.

Navigando ora verso l’Australia, possiamo affermare che, pur essendo quel continente oltremodo ricco di fauna, il cavallo non è nativo di quel territorio.
Pare che il celebre esploratore Capitano James Cook (vedi qui) ne portò uno sulla sua HMS Endeavour nel 1770, ma senza sbarcarlo. Ne arrivarono infine sette a bordo della famosa HMS Sirius che oltre ai quadrupedi trasportava truppe, coloni europei e detenuti del Regno Unito destinati al sito penale di Sydney. Erano dei purosangue e di razza spagnola: uno stallone, quattro cavalle e due puledri. Nel continente Nuovissimo furono inizialmente utilizzati – tra l’altro – per l’esplorazione, per il trasporto, l’agricoltura, la caccia e il lavoro nei ranch. Altri cavalli arrivarono successivamente tramite altre spedizioni marittime.


I primi quadrupedi d’Australia

Infine, lasciamo una testimonianza emblematica dello stesso Socio che aveva domandato dei cavalli all’inizio di queste righe.
“Mi ricordo che negli anni ‘70, ancora nei viaggi del Sud America, si approdava in destinazioni veramente sperdute, se ricordo bene nelle anse di certi grandi fiumi.

Cavalli che trainano i cavi d’ormeggio per facilitare l’accosto della nave

La nostra nave ormeggiava a un traballante pontile dove avrebbe caricato delle granaglie tramite il sistema dei silos. Per questioni del terreno friabile, le bitte dove “voltavamo” i nostri cavi d’ormeggio erano abbastanza lontane dalla nave. Risultava perciò difficoltoso per una o due persone trasportare quelle cime; venivano perciò usati i cavalli che, seppur con lentezza, riuscivano nell’intento e ad assicurare così la nave a terra senza ulteriori problemi!”

Lo scopo di queste righe è stato quello di manifestare oggi la nostra riconoscenza – anche da uomini di mare – verso una creatura straordinaria che ci ha assistito e che ancora ci accompagna nel nostro cammino verso il futuro.=

(testo tratto da ChatGPT – immagini archivio IA Capitani)

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