No, il binomio del titolo non si riferisce ad un raffinato hotel della riviera o a un noto studio di broker marittimi, bensì ad un episodio storico che riguarda la Camogli del primo Ottocento.
Modello di pinco genovese (realizzazione Olindo Foletti)
A quel tempo, un gran numero dei suoi abitanti faceva parte di quei 350.000 liguri conglobati per necessità economiche nella gente di mare. Come è noto, il nostro territorio era sotto l’influenza napoleonica ed in quel periodo furono perciò numerosi i confronti tra i marinai locali e l’antagonista flotta inglese in tutto il Mar Mediterraneo.
China di Gio Bono Ferrari: Camogli a fine ‘700
E un certo attrito continuò anche dopo la caduta dell’imperatore francese nel 1814, quando varie guarnigioni di Sua Maestà, dopo aver neutralizzato gli ultimi baluardi filofrancesi, si stabilirono in Liguria. Al Comando di questa forza d’invasione c’era il generale William Bentinck che, dal suo quartier generale di Nervi, non esitò a disseminare numerose norme e decreti che miravano a requisire gran parte del naviglio ligure che tanti guai gli aveva causato in mare aperto.
Si può immaginare perciò il sentimento di ribellione che serpeggiava nei nostri dintorni, ma gli inglesi erano determinati, tanto che Bentinck intimò al sindaco di Camogli (ancora maire a quell’epoca) Luigi Mongiardino, che gli fossero consegnati dieci tra i più grandi barchi camogliesi. Il sindaco, d’accordo con la popolazione, rifiutò quell’imposizione: sciabecchi e pinchi erano difatti indispensabili ai Camogliesi per sopravvivere del loro pescato e dei loro commerci.
Rada di Camogli – Carta di Matteo Vinzoni – Tratta da “Camogli e i suoi dintorni” di Tina Leali Rizzi – 1989
Dopo qualche tempo, all’alba di un giorno qualunque del 1814, sei feluche inglesi ben armate danno fondo davanti alla Bardiciocca. Erano già state avvistate dalla vedetta del castel Dragone, che aveva propagato l’allarme nel borgo. I Camogliesi sapevano che erano là per requisire le dieci imbarcazioni e visto che gli inglesi erano forniti di carabine e pistole, decisero di consegnarle, giusto per evitare spargimenti di sangue.
Mentre una feluca si avvicinava al porticciolo, il padrone del pinco Sant’Erasmo, tale Gio Batta Figari, va a bordo e, con un’ascia, lo affonda. In definitiva, a parte quella di Figari, furono requisite nove imbarcazioni.
Bentinck furioso per quell’atto, fece arrestare Gio Batta che fu condotto in prigione a Nervi. Il suo gesto fa oggi riflettere sulla pratica dell’autoaffondamento di una nave in tempo di guerra, nel caso sia requisita dal nemico.
China di Gio Bono Ferrari: sciabecco Camogliese
Fortunatamente, Figari viene poi scarcerato e ritorna a casa. Era considerato come qualcuno che aveva sofferto per la giusta causa degli abitanti di Camogli, cioè la galera e il sacrificio del suo pinco. Ad una tale persona – degna d’ammirazione – non poteva mancare un nome di battaglia, usanza tanto comune in quel periodo: lo si individuava perciò come il Fëo, cioè il fiero, valoroso, colui che aveva mostrato al leone inglese la determinazione dei Camogliesi.
La fermezza e l’esempio di Gio Batta fu oltremodo tramandata nei mesi successivi, quando gli inglesi ci riprovarono.
Un cutter armato di Sua Maestà arrivò a Camogli e obbligava il sindaco di cedergli altre quindici imbarcazioni!
A quel punto, i notabili Camogliesi – tramite il suono delle campane – adunarono la popolazione, discussero sul da farsi, dopo di che, consegnarono congiuntamente al comando inglese il seguente comunicato: “Se volete le barche, venite a prendervele!”
China di Gio Bono Ferrari: Camogli ai primi ‘800
Ancor oggi, non ci vuol molto a paragonare il nostro suggestivo porto ad una fossa, con un’unica via d’approdo, nella quale è facile imbottigliare chi vi entra. E’ possibile che questa riflessione l’abbiano fatta gli inglesi del cutter, tanto che quella volta le imbarcazioni non furono requisite.
Lo stesso generale Bentinck affossò quell’incidente, probabilmente per non esasperare gli animi della popolazione locale, già provata da conflitti, rinunce e privazioni.=
(tratto da “Capitani di mare e bastimenti di Liguria del secolo XIX/Ponente” di Gio Bono Ferrari;
– immagine del pinco genovese è tratta dal sito web del Socio Duilio Curradi: http://www.mitidelmare.it/pinco_genovese.html)