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La visita a Buenos Aires del Socio Raffaele Broggi, diplomatosi al nostro Istituto Nautico e imbarcato sulla MSC Magnifica, ci dà l’opportunità di parlare dei rapporti che i naviganti liguri ebbero con quella terra nella seconda metà 800. Raffaele approderà nella metropoli argentina il prossimo 24 gennaio, speriamo possa inviarci delle immagini o comunque dei commenti sulla rilevante comunità ligure di quel Paese.

Buenos Aires, fine ‘800: al pontile della Boca, piroscafi e velieri movimentano con febbrile attività le merci provenienti dall’Europa (immagine Pubblico Dominio/Wikimedia)

I più appassionati di questo argomento, ma anche semplicemente chi aveva parenti in quel continente, erano già al corrente del traffico della “paccottiglia”. Quella merce, appartenente al singolo marittimo, era consentita dalle autorità doganali ed era regolarmente elencata in un apposito certificato che il Capitano presentava negli approdi dove veniva sbarcata. 
Esistono documentazioni dettagliate che descrivono quei prodotti della nostra terra che erano trasportati nel Nuovo Mondo, ce ne sono di meno invece su quella merce che veniva imbarcata oltreoceano e consegnata in Liguria.
Si “portava il portabile”: piume di struzzo, pelli di lontra, di giaguaro e di guanaco (specie di lama), piatti di argento massiccio lavorati dagli indigeni, legno di rosa, palo santo e altri legnami di pregio che gli stipettai di Marsiglia e di Bordeaux si contendevano a suon di marenghi.

Dipinto del veliero “Marinin” conservato al Civico Museo Marinaro “Gio Bono Ferrari” di Camogli. La nave frequentò intensamente Buenos Aires a fine ‘800

Quando poi nei porti sudamericani non v’era nulla da fare, i nostri marinai si imbottivano di tabacco che laggiù valeva pochissimo e durante il viaggio di ritorno confezionavano i tradizionali “salsicciotti”. Le Dogane a quel tempo erano assai patriarcali e “tanto umane”, specialmente verso quei bravi e modesti marinai che per “sessanta lire” al mese andavano a giocarsi la pelle nella Corrente del Golfo o a Capo Horn. Le stesse autorità chiudevano perciò benevolmente un occhio quando la pesante cassa (o baule) del lupo di mare veniva sbarcata a Calata Zingari o alle Grazie. E così i profumati salsicciotti del buon tabacco “Virginia” entravano nelle case degli amici e del parentado, lasciando un buon utile al rude e buscavita navigante rivierasco.
Quell’utile che, messo insieme con il riparto della “colonna di bordo” (cassa comune dell’equipaggio) ed al ricavato della vendita di paccottiglia del viaggio d’andata, permetteva di costituire la dote della dolce figliola cresciuta nella casa paterna.

Casa camogliese a fine ‘800; notare le palme, i pini marittimi e gli ulivi. E’ ben visibile il belvedere o vedetta che era una struttura simile a un piccolo gazebo, costruita al centro del tetto, spesso con grandi finestre o aperture per offrire la vista panoramica. Queste strutture erano comuni nelle case signorili del 1800/inizio ‘900, specialmente in aree costiere o collinari, dove si sfruttava la vista sul mare. Oltre alla funzione estetica e di svago, erano utilizzate per avvistare navi; nel New England si chiamavano “cammino della vedova”, perché si diceva che le mogli dei marinai salissero lì a guardare il mare in attesa del ritorno dei loro consorti (immagine Archivio Ferrari)

Quell’utile serviva anche – questo era il sogno di ogni marittimo della vela – ad acquistare in periferia il palmo di terra con le quattro fascette dove – con i proventi di altri viaggi e paccottiglie – si sarebbe costruita, per la propria vecchiaia e per i tanti nipotini, la piccola casetta rossa piantata spavaldamente in faccia al mare, in mezzo a quattro contorti e nobili ulivi di Liguria…

Bruno Malatesta
(notizie tratte da “Capitani e bastimenti di Liguria/Levante” di Gio Bono Ferrari)

 

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