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Stare a galla: la priorità del marinaio

Molti di noi ricordano il buffo e simpatico salvagente a paperetta dei primi contatti con l’acqua di mare. Non tutti sanno che quello stesso concetto di sostenere una persona in acqua non era frutto di un disinvolto giocattolaio, ma nientemeno che del genio di Leonardo da Vinci.


Tra le ingegnose macchine disegnate da Leonardo, si nota questa ciambella per facilitare il galleggiamento

Nel tempo, tale dispositivo divenne perciò d’uso comune sulle navi e quando le imbarcazioni iniziarono a ospitare molte persone, venne spontaneo usare nelle situazioni d’emergenza un mezzo di galleggiamento personale che fosse meno ingombrante delle ciambelle. Ne conseguì – fino ai giorni nostri – l’utilizzo del giubbotto salvagente.


Esercitazione per le lance di salvataggio su una nave da crociera. Notare i giubbotti salvagente arancioni indossati dal personale imbarcato (archivio Capitani Camogli)

Chi è stato su una nave da crociera – sia ospite o equipaggio – lo avrà probabilmente indossato durante l’esercitazione obbligatoria e avrà anche notato che i tradizionali salvagenti anulari sono comunque mantenuti in certi punti della nave. Ciò perché se una persona cadesse accidentalmente in mare, è più pratico gettare in acqua e fargli “infilare” una ciambella invece di un leggero giubbotto che per di più deve essere assicurato con fibbie.

Immagine di anni fa: un marinaio “anziano” ripara un salvagente anulare (archivio Capitani Camogli)

In questo scritto vediamo di comprendere sinteticamente l’uso dei salvagenti sulle navi di tempo fa. Sia le ciambelle che i giubbotti erano di sughero (quindi galleggianti e leggeri) e rivestiti di tela resistente. Non erano ancora colorati in rosso o arancione, ma mostravano già il nome della nave e dovevano sostenere un certo peso in mare nell’arco di tempo. Salvagenti anulari e giubbotti continuarono negli anni successivi ad essere indossati anche sulle navi a motore.

Giubbotto salvagente utilizzato sul “Titanic”. Era di sughero, rivestito di tela (National Museums Liverpool)

Un esempio di quanto scritto sopra lo si individua al Civico Museo Marinaro “G.B. Ferrari” di Camogli. La figlia di uno dei sopravvissuti al naufragio del veliero camogliese Draguette donò – nel secolo scorso – un salvagente anulare della nave, rinvenuto su una spiaggia del Madagascar nell’Oceano Indiano. E’ probabile che il padre della donatrice utilizzò quel dispositivo per salvarsi mentre la nave veniva squassata dal ciclone.

Due dipinti di Angelo Arpe riguardanti il “Draguette”: quello di tipo “armatoriale” del 1883 conservato al Museo (alto) e l’exvoto del 1889 presente al Santuario del Boschetto

Il brigantino a palo Draguette – lungo 49 metri – fu costruito nel 1882 dai cantieri Brignole di Lavagna (gli stessi che realizzarono il veliero camogliese “Mou”).

Draguette significa “piccola draga”, cioè quel dispositivo utilizzato in Bretagna per raschiare i molluschi dagli scogli. Il suo armatore era GianBattista Schiaffino ed era registrato nelle matricole di Genova. Di quell’unità, a Camogli vi sono due splendidi dipinti di Angelo Arpe: il primo, del 1883, è conservato allo stesso Museo Ferrari; il secondo, del 1889, al Chiostro del Santuario di N.S. del Boschetto. Quest’ultimo è relativo allo scampato pericolo, accaduto un anno prima durante un uragano al largo della costa orientale degli Stati Uniti. In tutta la sua attività, il Draguette fu perciò una nave adibita ai grandi viaggi oceanici ed infatti, il 2 luglio del 1898, la troviamo – comandata da D. Schiaffino e carica di sale – in rotta da Marsiglia a Toamasina (l’ex Tamatave, in Madagascar).

Mappa del naufragio del “Draguette” in Madagascar. Si nota la rotta originale verso Toamasina e la deviazione forzata a Mahela a causa della tempesta che causò la sua perdita totale

Investita purtroppo da una tempesta, naufraga sulla costa nelle vicinanze di Mahela, 175 miglia (320 km.) a Sud della sua destinazione originale. La maggior parte dell’equipaggio si salva su quel litorale.


Il salvagente anulare del brigantino a palo “Draguette” conservato al Museo Marinaro

Infine, ritorniamo ai nostri salvagenti: diciamo che oggigiorno sono equipaggiati in genere con vari ausili per la protezione del naufrago: segnalatori luminosi e acustici, fumogeni, GPS, materiale resistente agli idrocarburi, strisce riflettenti, tipi gonfiabili, etc… Come quelli più desueti, aiutano sì a galleggiare, ma nulla possono contro le fredde temperature. Emblematico è il fatto che – ancora sul Titanic – ogni persona aveva sì un salvagente riservato, ma la maggior parte della gente perì a causa dell’acqua gelata e per la mancanza di posti sufficienti sulle scialuppe.
Le leggi internazionali di sicurezza marittima che vennero promulgate negli anni dopo quella tragedia, diedero un forte impulso di miglioramento alle dotazioni dei mezzi di salvataggio di bordo.=

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