Scriviamo queste storie vere per coloro che sono appassionati del mare, dei suoi personaggi e dell’energia delle loro testimonianze, che ci fanno navigare lontano.
Per andare diritti al punto di questo scritto, immaginiamo di essere a bordo del Titanic quella tragica notte del 14 aprile 1912, cioè quando era stato deciso di abbandonare la nave che affondava nelle gelide acque del Nord Atlantico. Secondo le testimonianze dei sopravvissuti, quando fu chiesto al Capitano Smith se non sarebbe stato meglio imbarcare prima le donne e i bambini sulle insufficienti scialuppe, lui rispose: “Precedenza alle donne, ai bambini e ammainare!” Quell’ordine, interpretato in vari modi e con tragiche conseguenze, fu però la conferma che a quel tempo esisteva già l’usanza di dare la precedenza appunto a donne e bambini a imbarcare sulle lance di salvataggio quando ormai la nave era perduta.
Il “Titanic” nel 1912
Come molti sanno, le scialuppe del Titanic non erano in numero sufficiente per salvare tutte le persone a bordo; conseguentemente viene spontaneo chiedersi: “Ma se si sa già che un certo numero di gente dovrà affondare con la nave o attendere l’improbabile soccorso di altri mezzi, è verosimile che quei veri eroi possano rimanere in disparte, aspettando in silenzio il proprio destino?” Sul Titanic quella disposizione fu pressochè rispettata, basta ricordare l’episodio dell’orchestra che continuò a suonare fino alla fine…
Ma come ebbe origine la regola – peraltro mai scritta – che donne e bimbi devono salire prima degli altri sui mezzi che li salveranno?
Diciamo subito che sui velieri o sulle navi da carico, vi fu sempre posto sufficiente sulle lance per salvare l’esiguo numero dell’equipaggio. Ma quando le prime navi passeggeri di linea – generalmente pirovelieri – fecero il loro ingresso nel business crescente del trasporto emigranti da un continente all’altro, circa a metà ‘800, furono ovviamente aumentati i mezzi galleggianti di sopravvivenza, ma non in numero sufficiente per salvare tutti. Da quegli anni sino ai tempi del Titanic si riteneva che “un numero eccessivo di lance potesse interferire con le operazioni di sicurezza in corso mentre la nave affondava e poi comunque, qualche nave di passaggio avrebbe assistito gli eventuali naufraghi rimasti in pericolo”…
Ci volevano infine le 1500 povere anime scomparse del “ Titanic per poter adeguare le leggi internazionali marittime che assicurassero almeno la totale copertura della capacità delle scialuppe.
Tornando al tema centrale di questo scritto, trasferiamoci nel 1852, durante una bella notte estiva nella costa del Sud Africa, a Est di Città del Capo. Lì incontriamo la pirofregata a vela Birkenhead: sta trasportando truppe inglesi con alcuni dei loro famigliari dalla Città alla baia di Algoa. Il Capitano Salmond vuole far presto e, visto il tempo buono, decide di stringere la costa. Quella decisione gli è fatale: lo scafo della Birkenhead urta uno scoglio non segnato sulle carte d’allora; le persone a bordo sono 640, incluse donne e bimbi; i danni allo scafo sono irreparabili e la nave inizia ad affondare.
Il “Birkenhead” affonda nel 1852 (dipinto di Charles Dixon)
Il Capitano Salmond sa bene che le lance disponibili per abbandonare la pirofregata non sono sufficienti per tutti e allora ordina che le donne e i bimbi imbarchino subito sul cutter, cioè l’imbarcazione di servizio della Birkenhead. In quei concitati momenti, il Capitano dispone ai suoi subalterni di mantenere l’ordine in coperta. Mentre le altre lance della nave sono (più o meno) ammainate in mare, un gruppo di soldati rimane impassibile in coperta, conscio di gettarsi negli insidiosi scogli appena il Capitano darà l’ordine. In pratica quel gruppo di militari era formato da coloro che avevano lasciato il posto a donne e bimbi sul cutter. Questi ultimi si salvarono sulla lancia; qualcun altro della pirofregata riuscì a servirsi dei rimanenti mezzi di salvataggio e prese terra, anche a nuoto. Di 640 persone infine, 447 povere anime perirono in mare.
A quel tragico evento seguirono processi, miglioramenti (secondo l’epoca) delle procedure di salvataggio, ma un rilevante riferimento rimase: sia per cavalleria sia per considerazioni pratiche, le donne e i bimbi avrebbero dovuto imbarcare per primi sui mezzi della nave morente, tanto che quella pratica marinaresca venne da allora menzionata come “l’esempio del Birkenhead”. Il gesto di quel gruppo di militari fu ricordato ancora nella letteratura inglese da Rudyard Kipling nel 1893 nella composizione “Soldato e marinaio”, dedicata ai Royal Marines.
Ma quell’esperienza non ebbe numerosi seguaci. Basta visitare le atmosfere di tre anni dopo, nel 1855, quando il piroveliero a pale Arctic della statunitense Collins Line si trova in navigazione a Sud di Terranova con circa 400 persone a bordo. E’ in viaggio da Liverpool a New York – al comando del Capitano Luce – e ha un problema: si trova avvolto da un fitto banco di nebbia, con una tempesta in corso. Improvvisamente collide con un motopeschereccio, il quale riuscirà a rientrare in porto, seppur pesantemente danneggiato. Il piroveliero invece, presenta lo scafo seriamente forato sotto la linea di galleggiamento: la sua sorte è segnata.
Il piroveliero a pale “Arctic” nel 1854
Anche qui scenario già visto: le 6 scialuppe della nave morente assicurano la salvezza di 180 persone, per cui almeno 220 di esse sono consapevoli del loro destino oppure vogliono giocarsela. Il Capitano Luce dà ordine di abbandonare la nave: tra mille pericoli le 6 scialuppe lasciano l’Arctic ma, ovviamente, i conti dei sopravvissuti non tornano. Intanto, delle 6 scialuppe, solo 3 riescono a salvare i loro occupanti, generalmente persone dell’equipaggio e passeggeri benestanti. Il conto finale della tragedia è spaventoso: su 400 persone, solo 85 sopravvivono, 24 uomini e 61 membri d’equipaggio (maggiormente uomini). Tutte le donne e i bimbi periscono. Il comportamento criminale dell’equipaggio e di alcuni passeggeri con la complicità del pericolo incombente causano quel dramma che causò la perdita di quelle povere anime.
Le conseguenti azioni penali non condussero ad alcuna condanna, né tantomeno venne resa obbligatoria la regola del numero sufficiente di scialuppe, almeno fino a dopo il disastro del Titanic.
Dopo il 1915 infatti, rimase e rimane invece un criterio generalmente rispettato, quello di far imbarcare donne, bambini, infermi ed anziani per primi sui mezzi di salvataggio.=
(Immagini e notizie tratte da Wikipedia e Pubblici Domini)