SOCIETA' CAPITANI E MACCHINISTI NAVALI - CAMOGLI |
La Haven: dalla parte delle Barcacce |
L'undici di Aprile del 1991 era una magnifica giornata di primavera ed alle 12.30 ci trovavamo nel salone della “Eugenio Costa” ormeggiata a Ponte Andrea Doria a pranzo con il Comando di Bordo. C'eravamo noi del ”Portogallo”( Com.te Raffaele Maiulo, aiuto Antonio Lamonica), il Com.te Alfonso Contini ed il Com.te Franco Capato (Armamento della Rimorchiatori Riuniti) ed il Signor Alberto Sangiacomo degli Ormeggiatori. Cosi in quel bel mezzogiorno di Aprile ci ormeggiamo in testata Ponte Andrea Doria ed insieme a Contini, salito a Ponte Parodi, ci avviamo sull' Eugenio. Durante l'aperitivo la discussione esulò dal fatto per cui eravamo lì invitati ma si accentrò tutta sulla tragedia di Livorno del giorno prima.
Il “ Moby Prince”, traghetto passeggeri in servizio per la Sardegna , collise con una petroliera in rada per cause che ancor oggi mentre scrivo non sono mai state appurate con certezza. La nave bruciò completamente per il prodotto della petroliera investita, equipaggio e passeggeri perirono nel disastro e si salvò solo il mozzo trovato aggrappato sulla poppa. Una tale tragedia non poteva non coinvolgere Uomini di Mare e sulla base di esperienze vissute tentare una motivazione, rivivere fatti passati, ricordare avvenimenti che in qualche modo riconducessero a quel dramma. Quello che doveva essere solo un allegro incontro fu adombrato dalla tragedia che ci aveva doppiamente toccato: come persone e come marinai. Termina, comunque, il rito dell'aperitivo e ci sediamo a tavola per iniziare il pranzo con i camerieri che volteggiano con l'aperitivo: capotavola il Comandate, Direttore di Macchina e Primi Ufficiali ai lati, io a fianco di Sangiacomo e Antonio , di fronte Raffaele, Alfonso e Franco. Ancora non si dato inizio che suona il telefono di Capato …risponde, si rivolge a Contini, con pochissime parole…si alzano visivamente tesi : <Ragazzi, c'è una gravissima emergenza a Multedo dobbiamo andare alla svelta, di più non mi hanno comunicato>. Ci precipitiamo alla Barca abbozzando a malapena un saluto, seguiti da Sangiacomo che stava armeggiando senza esito al telefono e che dirige verso l'Ufficio di Ponte dei Mille coinvolto anch'egli nel coordinamento degli Ormeggiatori. In un attimo saliamo a Bordo, mettiamo in moto mentre al radiotelefono Contini cercava chiarezza nella concitazione di ordini che si accavallavano fra Ormeggio di Ponte Parodi Capitaneria, Vigili del Fuoco, Ormeggiatori e Piloti impegnati direttamente in una frenetica attività. Ancora non si riusciva a comprendere se si trattava di un evento interno al Porto Petroli o all' isola esterna di ormeggio per grandi petroliere. In fretta raggiungiamo il “taglio” di Sampierdarena, ed a Ponente ci appare una nuvola enorme di fumo nero, dalla cui posizione Alfonso e Raffaele deducono che l'incidente non è all'interno del Porto Petroli e stimano essere più fuori della posizione in cui l'isola è posizionata. Dalle notizie che raccogliamo tutti stanno operando al meglio secondo le loro caratteristiche e possibilità, per cui Alfonso non vuole disturbare piu di tanto la loro attività pur fremendo dall'impazienza e la preoccupazione: fra poco saremo sul posto. Intanto apprendiamo il nome della nave: Haven , una grande petroliera in rada dopo aver parzialmente scaricato all'Isola di Multedo ed in attesa di ordini. Il Portogallo pur essendo di ultima generazione, non è provvisto di mezzi antincendio come le altre Barche posizionate al Porto Petroli, ma in questi frangenti la partecipazione di tutti è comunque utile e necessaria. Per tutta l'emergenza il Portogallo sarà la base logistica dell'operazione con un monitoraggio continuo e ravvicinato tale da poter dare informazioni e coordinare gli interventi possibili e necessari, la spola con il pontile per rifornire uomini e mezzi, dare ospitalità alle Autorità per i sopralluoghi. All'Italsider usciamo fuori dalla diga ed appare chiaro che il dramma si svolge in rada a circa quattro miglia dalla costa. Simile ad un fungo atomico dal diametro di circa un quarto di miglio con volute di fumo nero denso e pesante che si accavallano su se stesse con rabbia.
La nave, al momento a noi sconosciuta, è assolutamente avvolta dal fungo che si eleva alto nel cielo contrastandone la limpidezza primaverile. Enrico ci dirà che quando è uscito dal Porto allo scattare dell'emergenza ha fatto in tempo a vedere la parte prodiera (in corrispondenza della cisterna 1) inarcarsi come a spezzarsi…poi il buio. A mano che ci avviciniamo qualche bagliore filtra con fatica da quella cortina impenetrabile ed avvicinandoci il dramma che si va compiendo si fa sentire con deflagrazioni soffocate. Intorno tutte le barche di servizio disposte secondo una logica di aiuto ed intervenendo che sembra impossibile a darsi. Le nostre Barche, al limitare del fungo con le spingarde in azione, sono delle sardine alle prese con una balena. Gettano acqua là dove nulla si vede, in un calore insopportabile che costringe a bagnare anche la coperta e la finestratura del Ponte e con l'impossibilità di fare di più e meglio, impedite nella valutazione del pericolo ed incerte sull'azione da intraprendere. Il Portogallo si avvicina al rogo e lo ispeziona tutto intorno cercando di avvicinarsi quanto possibile raffreddandosi con pioggia e pronto a ritirarsi se del caso. Apprendiamo che Enrico (Melioli, Com.te dello Spagna ) ha raccolto qualche naufrago, altri ne hanno raccolto i Barcaioli. gli Ormeggiatori e la Pilotina con il Pilota Cerreti fra i primi a raccogliere l'emergenza VHF. Al primo scoppio si erano gettati in mare senza indugio ma a tre di loro forse brevi attimi di esitazione sono stati fatali. Questo salvataggio rende l'idea della velocità con cui i soccorsi sono intervenuti partendo dal Porto, pochi minuti di ritardo e questi sventurati sarebbero stati inghiottiti dalla massa di fuoco e fumo che rotolava sul mare alla quale i soccorritori si sono sottratti per un pelo.
L'entità di quel rogo immane è tale da rendere vano ogni sforzo per soffocarlo, si capisce ben presto che non resta che impedire un disastro ecologico, sperando che le ancore tengano e che non vada ad una deriva pericolosa e dall'effetto incalcolabile e che il carico si consumi bruciando senza che lo scafo affondi sul posto. Tutte speranze fortunatamente in parte esaudite, anche se quel che restava fu sufficiente a determinare un grave inquinamento ambientale. Quindi tutta l'attenzione si pose a predisporre misure antinquinamento e valutare il da farsi per quando e come si presenterà la situazione al diradarsi del fungo. Ed il fungo cominciò a farlo dopo una giornata e niente meglio delle immagini può testimoniare quello che lentamente prendeva forma davanti ai nostri occhi. Ciascuno di noi, come Barcaccianti, eravamo stati protagonisti di tragedie del mare: disincagli, salvataggi, anche incendi (lunga sarebbe la lista, ricordo solo la London Valour ), ma una apocalisse di questo genere nessuno mai aveva visto. Ancora avvolta dalle fiamme…due-terzi immersa…la struttura emergente dal colore del ferro rovente…ancora scoppi e fiamme a testimoniare che il vulcano ancora era in attività…sicuramente con un pescaggio prodiero notevole e con la prua di cui ancora non si conosceva la situazione. In tutti questi giorni era stato un incessante lavoro di stesura panne a protezione del litorale per miglia e miglia ed uso di mezzi di ricupero per il prodotto in superficie che aveva resistito al fuoco. Il problema che si poneva per le Autorità e la Cittadinanza tutta non era di facile soluzione e poneva interrogativi inquietanti. Nel corso di questi giorni varie soluzioni erano circolate tutte tese a scongiurare un disastro ecologico nel Golfo di Genova. Molte di queste soluzioni, se non tutte, erano legate a come si sarebbe presentata la Nave alla vista e quanti residui inquinanti sarebbero rimasti a Bordo. Circolò fra i Bordi anche la soluzione di portare la nave all'interno del Porto Petroli, sigillare l'ingresso e procede alla bonifica anche al riparo dal tempo cattivo che il bollettino meteo prevedeva nei prossimi giorni. Non era campata per aria, ma tutto dipendeva da come la nave era combinata. L'azione delle spingarde adesso poteva arrivare al relitto e manteneva sotto controllo la situazione e, il relitto pur sempre bruciando e borbottando, si acquietò come un mostro esausto ma non domo. L'assetto scartava l'entrata in Porto, inoltre appigli di aggancio non ce n'erano e c'era l'incertezza della parte prodiera interessata alla prima esplosione. Il tempo stava cambiando come previsto dal bollettino meteo, una brezza fresca si mise da Scirocco increspando il mare e la previsione era per una rotazione a Libeccio con un mare fino a forza cinque, non una tempesta ma una discreta perturbazione con venti di traversia, il peggiore in questo caso. Certo non piu' trattenuto dalla prora certo liberatasi rischiava di andare alla deriva Si decise di tentare l'aggancio con una braga intorno all'asse del timone per consentirne il traino (siamo al 12 Aprile). Operazioni da farsi a distanza ravvicinata con tutte le incertezze che ancora sussistevano. Ad aggancio fatto il relitto (ormai non piu' nave) avrebbe dovuto essere rimorchiato in zona di maggior sicurezza.
Intorno alle prime ore del pomeriggio l'Istria (un manovriero rotore, Com.te Craviotto ), con il supporto della motobarca VVFF, con cautela ed attenzione imbrigliò con un bragotto l'asse del timone allungandolo con uno spezzone di cavo che passò ad una Barca piu' potente, l' Olanda che successivamente, raggiunta la posizione psserà il cavo al Belgio. L'Olanda tiene il relitto in attesa di ordini, e verso sera arrivo l'ordine di portarsi verso Arenzano su una batimetrica di 100 metri. Inizia i traino, che per qualche ora seguiamo anche noi del Portogallo , con rotta verso Arenzano . Intanto il mare, come da previsione, montava da Libeccio rendendo impossibile il mantenimento delle panne ed il ricupero di superfice, e minacciando di spiaggiare le panne stesse se caparbiamente mantenute sul posto. Tant'è che ad un certo punto fu gioco forza iniziare a riportare il tutto in Porto, non prima però di averne perse qualcuna per la rottura dell'aggancio. Ormai il mare era dichiarato, libeccio discreto come promesso. Il convoglio, nel racconto dei colleghi, procedeva come una “mosca sul catrame fresco” ed il relitto dava chiari segni di preferire la fine di questa agonia…inclinamento via-via accentuandosi… immersione in aumento…fuoco….scricchiolii sensibili dovuti allo sforzo del traino ed all'azione del mare ormai sensibilmente mosso e con un'onda di ritorno che ne aumentava l'altezza. Anni prima mi era capitato una cosa analoga con la London Valour Sul Genua (Com.te Nanni Negro ) in tandem con il Torregrande (Com.te Carlo Gatti,Charly) facev da master, rimorchiavamo all'affondamento il relitto in una zona del Mediterraneo opportunamente scelta (fossa delle Baleari, su un fondale di 5000 metri ). Il relitto galleggiava in virtu di migliardi di palline di polistirolo dal diametro di pochi centimetri che imbottivano le stive.
Dopo due giorni, a prudente andatura per evitare sollecitazioni, il relitto dà segnali di insofferenza ed al giungere della sera il Genua decide di mollare per precauzione: i segni del decesso c'erano tutti e la notte sarebbe stata pericolosa: meglio una vigilanza ravvicinata per cogliere il segno della fine e darne pronto allarme. Il Torregrande resiste anche pressato dalle Autorità, noi ci poniamo a fianco al relitto con il proiettore puntato senza perderlo un attimo. Verso l'una di notte il relitto con un ultimo rantolo si inabissa. Il Torregrande molla prontamente il cavo e si allontana ed anche noi ci poniamo a distanza di sicurezza mentre i proiettori continuano ad illuminare lo specchio acqueo. Sulla superficie emergono via-via rottami vari ed ad un certo punto avviene un spettacolo incredibile: dal mare ecco improvvisamente proiettarsi verso il cielo una fontana enorme di palline bianche splendenti alla luce dei proiettori. L'ultimo atto di questa tragedia che era cominciata con tante vittime in una tempesta di Libeccio eccezionale sul Golfo di Genova. Era il 9 Aprile del 1970. Ancora Aprile !
Mi passava per la testa questo ricordo, quando la Haven decideva di farla finita. L'Olanda molla, il relitto si inabissa, il mare ricopre il tutto. Il Lavoro dei soccorritori era terminato, ma adesso iniziava l'opera di bonifica del littorale che sofferse non poco del quel sinistro, e che avrebbe potuto diventare un disastro ecologico di portata incalcolabile. Sarà meta futura della curiosità dei subacquei. Il resoconto Ufficiale 11 Aprile 1991 12 Aprile 1991 13 Aprile 1991 14 Aprile 1991 22 Aprile 1991: Nave “Ragno due” ritrova la sezione prodiera a 44°22'07".57N/8°45'02".52E su un fondale di 90 metri. (4/2007) |