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L’erba del Castel Dragone

Nel Re Lear, Shakespeare scrisse dell’insidiosa raccolta del critmo: “Half-way down hangs one that gathers samphire; dreadful trade”! (Pende a metà colui che raccoglie il critmo; orribile mestiere).
Ne deduciamo che già nel 1600 – anche in Inghilterra – il critmo, cioè una benefica pianta marittima, era ben nota e pericolosa da raccogliere poiché cresce su scogliere impervie, sferzate da venti implacabili.

Finocchio di mare presente al Castel Dragone di Camogli

Ma senza scomodare l’eminente drammaturgo o visitare luoghi lontani, basta andare al nostro Castel Dragone per osservare i ciuffi di bacicci o di spaccasassi che emergono dalle fessure del Castello esposte a Sud. Probabilmente non tutti i visitatori di questa costruzione – forse la più emblematica della Città – hanno mai notato il finocchio di mare. Eppure, questa pianta, comune appunto dai paesi nordici sino al Mediterraneo, ha sostenuto a lungo la salute dei nostri marinai all’epoca della vela.

Nel 1800, andar per mare non era affatto cosa semplice o meglio, non lo era per niente se rapportiamo le attività marittime d’allora con quelle odierne. Le cause di infortuni o decessi dei marinai di quel tempo non erano dovute alle tempeste o alla dura vita di bordo, ma bensì alle malattie.
Durante i lunghi viaggi oceanici era inoltre impensabile effettuare soste intermedie: chi “stava male”, moriva o – eccezionalmente – era miracolato.
In un ambiente dove era pressochè impossibile conservare alimenti freschi, risultava molto probabile, anzi certo, l’insorgere di gravi insufficienze vitaminiche che, se non risolte subito, conducevano alla morte. Tra queste patologie, v’era lo scorbuto, il “flagello dei marinai”, ovvero la mancanza di vitamina C, quella contenuta soprattutto negli agrumi.

Rappresentanti della Società Capitani di Camogli al Castel Dragone. Dietro di loro, in basso, ciuffi di critmo!

Si dice che sulle navi di Camogli lo scorbuto fosse fortunatamente limitato e ciò perché i marinai fornivano i velieri di frutta e verdure fresche, secche o conservate, provenienti dalla nostra vallata, i cui prodotti – si riteneva – fossero ricchi di proprietà organolettiche anche molto tempo dopo la raccolta.
Se questa notizia storica è attendibile, possiamo sicuramente affermare che gran parte del merito di aver salvaguardato efficacemente la salute dei nostri naviganti va senz’altro al critmo.
Le qualità del cretamo (ci si perdoni il continuo divagare tra i suoi nomi) non si limitano alla compensazione della mancanza di vitamina C, ma anche ad uno svariato ventaglio di preparazioni alimentari e curative. Non si può estirpare questo vegetale, le sue radici infatti s’incuneano profondamente nelle fessure degli scogli appena sopra i frangiflutti, da qui il nome spaccasassi.

Quindi, pare emblematico che la Natura volle donare alla Città dei Mille Bianchi Velieri uno dei suoi beni più preziosi, un ingrediente conservabile ed efficace, così da permettere ai marinai di vivere e lavorare in salute sulle navi e poter infine tornare a casa.=

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