I fatti che stiamo per narrare, si riferiscono al periodo di Natale del 1902. Questi accadimenti interessano la tradizione marinara a 360°, cioè si parlerà di navigazione oceanica, di costruzione navale, degli equipaggi di oltre un secolo fa e, naturalmente, di Camogli. E’ una di quelle letterature che – se raccontate dinnanzi ad un focolare – manterranno davvero inalterata la compulsiva curiosità degli ascoltatori.
Un nostro Socio, Capitano di navi in pensione, frequentava spesso il Civico Museo Marinaro “Gio Bono Ferrari”, s’appassionava – come molti altri – all’eccezionale qualità della quadreria velica d’epoca presente in quella struttura. Tra i vari pregevoli dipinti, lo colpivano le opere di William Howard Yorke, artista canadese, attivo a Liverpool a fine ‘800.
Particolare del Civico Museo Marinaro “G.B. Ferrari” di Camogli (immagine archivio Società Capitani)
E’ sufficiente consultare certi siti web per comprendere quanto apprezzato fu quel pittore nell’ambito ritrattistico-navale, tanto che alcune sue opere sono battute alle aste internazionali anche oltre 30.000 euro. Il Socio desiderava conservare una traccia di Yorke nella propria casa, così da ammirarla quotidianamente. Le atmosfere rappresentate lo avrebbero indotto ad immergersi e ricordare gli angoli indomabili e selvaggi degli oceani. Chi contempla quelle opere immagina persino l’equipaggio indaffarato alle proprie mansioni su un’impegnativa nave a vela che affronta il suo viaggio.
Grafica stilizzata del brigantino a palo “Veronica” originalmente dipinto da William Howard Yorke
La traccia che il nostro Socio conservava in casa era la riproduzione di uno splendido brigantino a palo inglese, il Veronica. Lo stile di Yorke – come tutti i grandi artisti – fu inconfondibile: un veliero graficamente perfetto, minuziosamente ricco di dettagli marinareschi, che naviga al largo delle coste del Galles in condizioni di mare “sostenuto”. Per arricchire l’oggetto, ordinò un’elegante cornice e lo appese nel corridoio dove transitava di sovente. Ogni volta che si soffermava a osservare quel dipinto, con la mente gli chiedeva: “Dove mi porti oggi, Veronica?”
Mappa delle acque di Ship Island (Mississippi). Prima dell’apertura del porto di Gulfport, i velieri effettuavano le operazioni di sbarco/imbarco merci nei pressi dell’isola “Ship”
E la nave non fece attendere la sua risposta. Navigando in Internet, scopriva che quel veliero aveva avuto una storia sì avventurosa, ma anche drammatica.
Il grande brigantino a palo era stato costruito nel 1879 nel Canada atlantico, era perciò una classe “Nuova Scozia”; stazzava circa 1.100 tonnellate, lungo 65 metri. Inizialmente navigò su rotte atlantiche da e per l’Europa; successivamente, nel 1898, fu adibito al traffico del legname tra le due Americhe, da Ship Island (Mississippi) all’Uruguay. L’11 ottobre 1902, al comando del Capitano canadese Alexander Shaw, carica di legname, iniziava appunto la sua navigazione verso il Sud America. L’equipaggio era formato da dodici persone: il Capitano, due ufficiali, otto marinai ed un dispensiere. Quel personale era davvero promiscuo: due erano canadesi (cioè inglesi a quel tempo), tre tedeschi, tre svedesi, un olandese, un irlandese, un indiano e un americano. La varietà delle nazioni rappresentate è dovuta al fatto che inizialmente la nave disponeva di tutto il personale della nazionalità di bandiera (inglese-canadese); poi quando alcuni membri d’equipaggio inevitabilmente sbarcavano per malattia o diserzione, venivano sostituiti nei vari porti d’approdo sparsi nel mondo.
Dopo aver doppiato la Florida, il 24 ottobre si trovava a Nord delle Bahamas e stava dirigendo verso Oriente per sfruttare poi l’aliseo di Nord Est e poter così iniziare il suo lungo viaggio verso Sud Est. La rotta prevedeva di transitare nei pressi del piccolo arcipelago di S. Pietro e Paolo il 10 dicembre circa, cioè all’equatore, a mezza strada tra Brasile e Africa. Mantenendo quindi costantemente l’aliseo nei settori poppieri, il Veronica avrebbe accostato per Sud Ovest, ovvero per dirigere definitivamente verso l’Uruguay. Si stimava che tutto il percorso – circa 7.000 miglia (13.000 km) – richiedeva circa due mesi, ovviamente a seconda delle condizioni meteomarine incontrate.
La rotta pianificata del “Veronica”. La stella indica la posizione dell’arcipelago di S.Pietro e Paolo.
Un dipinto exvoto presente al Civico Museo “G.B. Ferrari” di Camogli (immagine archivio Società Capitani)
Come è noto, la vita sui velieri dell’800/primi ‘900, non era per niente confortevole, anzi, l’appellativo “epoca eroica della vela” significava che la resistenza umana veniva spinta al limite. E tale limite era continuamente spostato dai comportamenti degli equipaggi una volta che si trovavano in alto mare. Finchè il personale proveniva dagli stessi dintorni, come per esempio sulle navi di Camogli, il criterio di raggiungere l’obiettivo della spedizione, cioè trasportare merci da un porto all’altro, era rispettato sia dagli ufficiali comandanti e sia dalla bassa forza. Ma vuoi per la vita dura, per la peculiare attitudine di chi comanda e di chi esegue e per certe culture differenti, che si può scatenare un anomalo e violento dissenso al sistema lavorativo e sociale di bordo. Lo ricordiamo, ancor oggi la comunità viaggiante di una nave rappresenta un particolare ambiente di convivenza comune, disciplinato da apposite leggi e procedure che ovviamente non hanno alcun riferimento sulla terraferma.
La posizione dell’incontro (Tutoia) tra la scialuppa del “Veronica” e il piroscafo “Brunswick”
Ecco spiegato perchè poco prima che il Veronica transiti nelle vicinanze dell’arcipelago di S.Pietro e Paolo, cioè verso l’8 dicembre, “qualcosa” succede a bordo. E quello che è successo, se lo portano con sè cinque naufraghi che, a bordo di una scialuppa del veliero, arrivano il giorno di Natale del 1902 all’isola di Tutoia, nella costa nordorientale del Brasile. Il giorno successivo, approda nei dintorni dell’isola un piroscafo, il Brunswick, comandato dal Capitano Brown; il piroscafo sarebbe ripartito poi per Liverpool carico di pelli, cotone e vari prodotti locali.
E proprio lo stesso giorno, i cinque marinai si recano a bordo del Brunswick e raccontano che il Veronica, brigantino a palo inglese, era naufragato per un incendio nei pressi dell’arcipelago di S. Pietro e Paolo e chiedono perciò al Capitano Brown di trasportarli in Inghilterra come legittimi sopravvissuti.
La costa brasiliana vista dall’Oceano Atlantico (immagine archivio Società Capitani)
Quei cinque sono i tre tedeschi, uno svedese e il dispensiere americano. La relazione di quei marinai non convince però Brown. Pareva che il dispensiere stesse in disparte, che non volesse aver niente a che fare con ciò che gli altri dicevano. Il Capitano si chiedeva perchè proprio i tre tedeschi erano sopravvissuti insieme, ma anche dove si trovava il Capitano del Veronica e perchè lo scafo della scialuppa era stato calafatato da pochi giorni, cioè come se fosse stato riparato frettolosamente in vista di una lunga navigazione. Consultandosi con i suoi ufficiali, Brown decide di portarli a Liverpool e di interrogarli ulteriormente durante la traversata atlantica.
Durante quel viaggio infatti, i naufraghi dichiararono che il Capitano Shaw e il resto dell’equipaggio del Veronica erano scomparsi in mare sulla seconda scialuppa. Ma il dispensiere Moses Thomas (l’unico nome d’equipaggio degno di memoria) raccontò invece la sua verità dei tragici fatti accaduti sul veliero nel dicembre 1902.
Caviglie inserite nel passamano con “manovre voltate” (immagine Wikipedia)
Il giorno 8 di quel mese, uno dei tedeschi informò gli altri suoi amici che ci sarebbe stato un ammutinamento. Successivamente, fino al 14 dicembre, tutto l’equipaggio fu crudelmente assassinato. Venne anche raccontato che gli ammutinati non si fidavano completamente del dispensiere, ma lo stesso venne ritenuto utile, poichè oltre essere estraneo ai fatti, li avrebbe assistiti nella conclusione di quel crimine. E’ da evidenziare qui che furono usate due pistole per uccidere sette persone e furono usate anche – a guisa di manganello – delle “caviglie” di metallo. Tali attrezzi utilizzati sulle navi a vela, erano dei grossi spinotti con maniglia che assicuravano le varie “corde” (manovre) di bordo; la loro forma li rendeva adatti anche a disciplinare la vita di bordo in certe situazioni. Le cause di quella violenta ribellione sono da ricercarsi in quanto detto prima, cioè non c’era effettivamente un valido motivo che avesse scatenato quella follia.
La navigazione della scialuppa del “Veronica” dalla posizione dell’incendio verso l’isola di Tutoia.
Il veliero navigò col dispensiere e uno dei tedeschi al timone fino al mattino del 20 dicembre quando, dopo aver appiccato il fuoco, i cinque marinai imbarcarono sulla scialuppa (riparata dal dispensiere) così da poter abbandonare il Veronica. Il capo degli ammutinati conosceva un pò di navigazione e astronomia: con l’aiuto di una vela, dei remi, di un sestante, di una bussola e un solcometro, fu semplice navigare verso Sud Ovest, favoriti dell’aliseo di Nord Est e dal tempo buono, così da raggiungere la costa brasiliana in cinque giorni, ad una dignitosa velocità di circa 6 nodi (10 kmh).
Immagine di alcuni partecipanti alle udienze dell’ammutinamento del “Veronica” alle assise di Liverpool nel maggio del 1903. Si riconoscono in fila: secondo da sinistra, il dispensiere Moses Thomas; il celebre artista William Howard Yorke e – seduto – il pilota Antoine Bellande. Notare il modello smontabile del brigantino a palo costruito da Yorke (immagine tratta da https://oceanspringsarchives.net/veronica-mutiny-and-trial)
La versione del dispensiere Moses Thomas, corroborata da prove raccolte prima della partenza dal Brasile, fu ritenuta attendibile dal Capitano Brown del Brunswick e anche dai giudici britannici. Infatti, appena arrivati in Inghilterra a gennaio del 1903, quei naufraghi furono arrestati e processati nel maggio di quell’anno; due vennero poi impiccati. Fu un processo che ebbe ampia risonanza globale; ancor oggi in Internet si trovano molte notizie su quel caso e ciò è dovuto in gran parte alla tradizionale conservazione della cultura marinara dei paesi anglosassoni. E’ proprio per l’onestà del dispensiere afroamericano che si seppe la “vera verità” che fece finalmente luce su quel violento e criminoso atto.
La riproduzione del dipinto “Veronica” di William Howard Yorke (immagine archivio Capitani Camogli)
Ora ritorniamo alla riproduzione del veliero acquisita dal nostro Socio. L’autore del dipinto originale, William Howard Yorke, fu convocato a partecipare al processo degli ammutinati alle Assise di Liverpool. L’artista, oltre che pittore, conosceva i piani del veliero moooolto bene. Questo la dice lunga sulla preparazione anche tecnica di certi “seapainter” di quell’epoca. Ma non solo: oltre i piani della nave, Yorke porto con sè al palazzo di giustizia un modello del veliero lungo 1,35 metri: quell’opera poteva essere smontata così che, oltre che la coperta, anche i suoi interni vennero ispezionati dall’esterno! Ciò favorì la verifica temporale e ambientale delle testimonianze fornite dai vari attori di quel dibattimento proprio come l’incidente probatorio di una vicenda successa in alto mare a migliaia di miglia di distanza.
Infine, un altro “tecnico” che fu ascoltato nelle udienze di quel processo fu il Capitano Antoine Bellande, pilota di Ship Island (Mississippi), che pilotò il Veronica alla partenza di quell’ancoraggio l’11 ottobre. Siccome i piloti rimanevano anche giorni a bordo, Bellande dette la sua testimonianza riguardante l’atmosfera sociale di bordo, che fu da lui confermata “normale”, cioè l’equipaggio e la nave in genere erano in buone condizioni di morale e di salute.
Va qui aggiunto – per concludere – che Ship Island perse negli anni a seguire la sua funzione di ancoraggio per l’imbarco di legname, per lasciare definitivamente il posto al vicino porto di Gulfport, situato appena a Nord dell’isola, sulla costa del Mississippi. Non tutti sanno che quel porto era stato inaugurato mesi prima della partenza del Veronica, grazie ai servigi del Capitano Filippo Avegno di Camogli, il quale verificò definitivamente i sondaggi dei fondali di quell’approdo, rendendolo così sicuro alla navigazione. Avegno approdò a Gulfport per trasportare – come il Veronica – legname in Sud America con la nave Trojan di bandiera italiana, armata dai Mortola “Liggia” di Camogli.
E non tutti sanno che al Civico Museo Marinaro “G.B. Ferrari” è conservato proprio un magnifico dipinto della Trojan, realizzato dallo stesso William Howard Yorke (vedi immagine qui sotto).=
(notizie del Veronica sono state attinte in Internet – domini pubblici).