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La prima audacia: remare

Quando ci immatricolavamo nella Gente di Mare, passavamo attraverso la verifica del nuoto e della voga. Come potevamo fallire quell’esame proprio noi che provenivamo con orgoglio dalla scuola nautica della Città dei Mille Bianchi Velieri? E poi Camogli era la sede della Rari Nantes, a quel tempo reduce da scudetti ed egregi piazzamenti nel campionato nazionale di pallanuoto.

Fine anni ’60, incontro di pallanuoto nel porto interno di Camogli

Inoltre, remare e stare a galla non ci creavano problemi anche perché fin da ragazzini acquisivamo l’esperienza del “sapersela cavare” in un ambiente piuttosto “diretto”. Erano altri tempi.
D’estate, con la nostra “compagnia” facevamo le gite in barca verso San Fruttuoso: chi voleva farsi notare, baldanzosamente, sfoggiava la propria pratica nella voga e sbandierava pure la conoscenza dei termini marinareschi imparati a scuola. Inizialmente era proprio il remare che ci traghettava dalla giovinezza verso la carriera in mare aperto.


Le parti di un remo: la conoscenza della nomenclatura è importante per chi è addetto alle operazioni di voga

Ripensando oggi a tutta la tecnologia che ha interessato il mondo dello shipping, dobbiamo constatare che ci siamo ingiustamente scordati del vecchio remo. Pur essendo immortale come la bussola o l’ancora, a bordo delle grosse navi è ormai utilizzato in estremi casi di emergenza. Un nostro socio ricordava che anni fa, i remi usati sulla sua nave erano rimasti quelli di uno sgangherato zatterino utilizzato per la pitturazione delle murate.

Lancia dell’Istituto Nautico di Camogli: i vogatori sono in posizione di “alzaremi”

Nel secondo periodo post bellico, la scuola nautica di Camogli aveva inizialmente due lance (ex scialuppe di un piroscafo inglese) impiegate ad effettuare esercitazioni a remi o a vela. Su quelle imbarcazioni si formavano i giovani allievi capitani di Coperta e Macchina che in quel periodo frequentavano il primo biennio insieme; anni prima c’era un’altra lancia adoperata dalla “colonia” del “Mare Monti”.

La lancia della colonia del “Mare Monti”. Non sembra una tozza  ex scialuppa, ma bensì un’imbarcazione filante e costruita per competere

Ecco allora l’equipaggio, formato solitamente da due file di vogatori, uno vicino all’altro. Il capo timoniere (padrone) era alla barra, l’istruttore a prora, a volte sostituito da una vedetta. I capi voga erano i due rematori più robusti e più vicini al capo, erano coloro che cadenzavano la frequenza della vogata. I due rematori opposti ai capivoga erano i prodieri, i quali avevano anch’essi funzioni di manovra, era il sistema di voga su sedile fisso (banco) e si chiamava “a spalla”. Poi c’erano gli ordini impartiti dal capo timoniere, tipo “alzaremi!” o “scia!”, destinati alle due file o a una specifica.

L’equipaggio di una grande lancia per voga: i vogatori hanno il viso rivolto verso poppa eccetto il timoniere e la vedetta

I vogatori del lato dritto erano contraddistinti da numeri dispari, pari quelli a sinistra. E’ interessante notare che anche sulle grandi navi, le lance di salvataggio conservano lo stesso sistema di numerazione.
A Camogli c’è il noto Ō Dragōn, lo sciabecco-galea frutto della visione di Ido Battistone, realizzato nel 1969 (vedi intervista qui) . L’imbarcazione, che da allora partecipa a manifestazioni e spedizioni anche transnazionali, è oggi il simbolo di Camogli, dei suoi abitanti e delle sue tradizioni marinare.

Il Dragōn durante un passaggio davanti a Camogli

Il Dragōn ospita due file di sei vogatori, chiamati Dragonauti, è anch’esso l’eredità di una lancia di salvataggio, come le due precedenti della scuola nautica: è come se le navi in disarmo desiderino lasciare comunque una traccia utile ai naviganti di domani.=

(immagini Archivio Ferrari e Capitani Camogli)

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