Eh sì, stiamo parlando di un’attività che non era ovviamente d’uso sui velieri e raramente adottata sulle navi d’oggi: il famigerato “picchettaggio” e dell’utensile che ne concretizzava la sua attuazione.
Ma che cosa significava picchettare? Se dovessimo inquadrare questo tipo di manutenzione nel tempo, diciamo che è sorto con l’avvento delle navi in ferro, quindi in larga scala all’inizio del ‘900 sino praticamente alla fine dello stesso secolo.
Le navi in ferro, soprattutto nei ponti esterni applicavano fiumi di pittura sulle loro paratie così da preservarle dagli agenti meteorologici. Questa sovrapposizione di strati doveva essere però evitata almeno sino a quando non si era rimossa anche la più piccola traccia di ruggine sottostante. Su certe navi che preferivano la cosmetica alla manutenzione, si notavano – dopo anni – paratie letteralmente “tenute insieme dalla pittura”, le quali presentavano perciò livelli di cedimento preoccupanti.
Quante volte abbiamo poi visto vecchie navi che mostravano colate (eufemismo!) di ruggine lungo le loro fiancate. Ebbene, per fare un buon lavoro di manutenzione, bisognava prima individuare l’origine della “magagna” e solo dopo applicare i necessari strati di pittura.
Per farla breve, senza addentrarci negli insidiosi territori di tecnica marinaresca, affermiamo che l’attrezzo “purificatore” che eliminava per qualche tempo quella “magagna” era appunto la picchetta. Tale utensile veniva utilizzato sia in Coperta che in Macchina, faceva cioè parte dell’ambiente di bordo.
– “Bene, interessante…” si dirà… “e allora?”
Chiariamo un concetto: l’uso della picchetta (una specie di martelletto) nelle sue varie versioni, manuale, elettrica o pneumatica era applicato principalmente su quelle navi rivendute di seconda o terza mano o giù di lì… Oggigiorno, proprio per le stringenti regole di sicurezza e di protezione dell’ambiente, le navi di seconda mano hanno vita più breve che nel passato, cioè – per questioni economiche – si preferisce acquistare una nave nuova o seminuova che adattarne una vecchia alle norme vigenti.
Poi, l’uso di quell’utensile prevedeva un certo sistema. E’ innegabile che delle martellate sul ferro di una nave hanno una propagazione molto capillare. Succedeva infatti che se un marinaio picchettava una paratia a poppa, gli stessi colpi si sentivano ben distinti anche a decine di metri. La professionalità di chi dirigeva queste manutenzioni imponeva perciò che degli orari ben precisi dovevano essere scelti. Insomma, se vuoi dormire anche dopo le 8 del mattino, generalmente ciò non è possibile se hai nelle orecchie quei colpi implacabili che arrivano nella tua cabina attraverso le strutture della nave.
E le cose si complicavano ulteriormente a seconda del tipo di nave. Su quelle da carico, colui che veniva tormentato nel giusto riposo, si chiedeva se in passato avesse avanzato qualche torto al Primo Ufficiale o al Nostromo, cioè coloro che gestivano quei lavori. D’altro canto, era complicato concertare gli orari di manutenzione con quelli di riposo delle guardie di navigazione e macchina. Notiamo però che sulle navi passeggeri quell’attività era ovviamente più disciplinata, bisognava evitare ad ogni costo che gli ospiti venissero disturbati: si attendeva perciò lo sbarco dei passeggeri nei vari porti, dopo di che, il Nostromo guidava i suoi prodi all’assalto…
Con un pò di sana spensieratezza abbiamo rievocato certe atmosfere che neanche una picchetta potrebbe far più riapparire.=