Il viaggio di Magellano/El Cano intorno al mondo provoca la consapevolezza della “globalità”: le espressioni sociali della razza umana dilagano perciò a 360°. Si comprende inoltre che gli oceani uniscono il mondo invece di dividerlo. Trovare il modo di poterli attraversare col sistema più adeguato diventa una priorità suprema per finalizzare disegni militari, religiosi, economici. Per secoli era naturale sfruttare i venti che, con la loro volubilità, mettevano continuamente a dura prova la professionalità dei marinai.
Le tre caravelle del primo viaggio di Colombo nel 1492
Ecco allora le rotte “ottimali” e costanti secondo quelle epoche, basta pensare ai viaggi di Colombo verso l’America quando si sfrutta il favorevole aliseo di Nord Est per l’andata e i – più o meno favorevoli – venti orientali delle medie latitudini per il ritorno in Spagna.
In questo breve scritto ci occupiamo invece dell’oceano più vasto del mondo, il Pacifico. Diciamolo subito: a trovare la rotta del “tornaviaje” è un preparatissimo monaco agostiniano, Andrès de Urdaneta, ancor oggi molto celebrato in Spagna. Padre Andrès naviga in un giro del mondo anni prima come Segretario di Sebastiàn El Cano, cioè colui che termina il celebre viaggio di Magellano. Il monaco è anche esploratore e capitano di nave, insomma un grande professionista a tutto tondo.
Padre Andrès de Urtaneda (immagine: Pubblico Dominio)
Tralasciando la sua vita – a dir poco avventurosa – lo troviamo nel 1565 a Manila, nelle Filippine, nominato dalla corona spagnola “protettore degli indigeni”. Il nuovo territorio è ricco di attività e commerci, soprattutto di beni preziosi. Gli spagnoli hanno necessità di trasportare merci da quelle isole alla terraferma iberica e viceversa. Purtroppo la via verso occidente, cioè navigando l’oceano Indiano è insidiata dai portoghesi, a quel tempo avversari della corona iberica. Si fa strada l’ipotesi di trasportare merci e persone attraverso la via orientale, cioè facendo vela nel Pacifico, per raggiungere così la Nuova Spagna (Messico) e continuare poi quel lungo itinerario in Atlantico.
L’itinerario completo del “tornaviaje”, progettato da Andrès de Urtaneda; il percorso è chiamato anche “il Galeone di Manila”
Vista la preparazione professionale del monaco, il re non ha dubbi a nominarlo capo della prima spedizione diretta ad Acapulco. Quasi sessantenne, il religioso declina il comando, ma accetta di partecipare come navigatore e pilota. Era difatti un grande conoscitore di quella sterminata massa d’acqua, tanto che, appena partito dalle Filippine, non esita a suggerire al capitano della sua nave di mettere la prua al largo del Giappone. Così facendo, sarà sfruttata la costante corrente calda di Kuroshio che ha origine proprio nelle Filippine e continua verso l’aperto oceano. Quella corrente accompagna le navi fino alla California. La flotta poi continua a Sud per arrivare infine ad Acapulco: quell’itinerario fu chiamato “tornaviaje”! Il grande Pacifico era stato attraversato finalmente in maniera sistematica e stabile, evitando pure i Portoghesi. Per ritornare a Manila, Andrès consiglia – quasi come fece Colombo – di sfruttare gli occasionali venti occidentali delle latitudini più basse. La tratta sino al Messico richiede due mesi circa, il doppio per tornare nelle Filippine. La differenza di tempo è dovuta all’incostanza dei venti e alle frequenti perturbazioni climatiche.
Il porto di Acapulco nell’800
La prima rotta transpacifica del “tornaviaje” era stata così aperta; fu chiamata “il Galeone di Manila” fino alla cessazione di quel commercio. Due possenti velieri operano in quella tratta, uno parte da Manila a luglio, l’altro da Acapulco a febbraio. E’ un commercio proficuo e duraturo, dal 1565 al 1815, ben 250 anni che, come si può immaginare verrà inevitabilmente interrotto da eventi geopolitici e dall’utilizzo dei più affidabili piroscafi. Le merci trasportate sono quelle classiche di quei due continenti; tra esse vi sono spezie e seta cinesi, mentre dal Messico si trasporta l’argento, necessario alla Cina per coniare monete della dinastia Ming.
Ritratto del Cercatore di Venti
Oggi viene da pensare che probabilmente esistette davvero un “cacciatore dei venti”, cioè una classe di particolare esploratore marittimo di quel periodo, che identificava perfettamente il mondo scoperto e i suoi confini naturali, ma anche le credenze dei pescatori e dei naviganti, come pure le nozioni pratiche dell’andar per mare. E doveva anche essere un abile stratega, cioè al corrente delle più aggiornate notizie politiche del tempo. Era lui che avrebbe dovuto scoprire le vie non tracciate sul mare che – oltre essere le più facili, le più brevi e le più sicure – fossero anche le più convenienti per promuovere un itinerario costante e coerente.
Del resto se il re di un grande dominio marittimo ti cerca per i tuoi servigi vuol dire che…
Bruno Malatesta
(notizie tratte da Wikipedia – immagini archivio Capitani Camogli)