Ogni tanto si legge nelle nostre pagine di quegli artisti che al mare hanno legato anche parte della loro ispirazione. È forse una naturale conseguenza di quella vena espressiva che troviamo nelle collezioni del nostro Civico Museo Marinaro, dove si incontrano pittura, memoria e passione per la vita di bordo.
Le opere di questi autori non si fermano alla pittura: sanno anche raccontare, evocare, scrivere. In molti casi, la loro sensibilità si espande nel campo della narrativa, rendendoli dei veri e propri creativi a tutto tondo. In loro convivono l’occhio attento del marinaio e l’anima dell’artista, come se il mare, oltre che tema, fosse sostanza stessa della loro arte. Le notizie riportate qui si riferiscono al 2008.
Gino Anselmi, “Porto di Camogli”, pastello – 60 x 90 cm
Gino Anselmi, spezzino di nascita ma camogliese d’adozione, è stato una figura di spicco di questo mondo. Trasferitosi giovanissimo a Camogli con la famiglia, coltivò l’arte fin da ragazzo, seguendo gli insegnamenti della nota pittrice Tina de Strobel, che ne intuì subito il talento. Negli anni, Gino sviluppò una tecnica personalissima nell’uso dei pastelli, capace di restituire luci calde e ombre morbide, quasi come riflessi di sole sul legno umido di una barca. I suoi lavori, oggi presenti in numerose collezioni private in tutta Europa, sono finestre luminose sull’anima del Mediterraneo.
Anselmi non fu soltanto artista: lavorò a lungo come assistente del Civico Museo Marinaro, sotto la guida del direttore, Comandante Pro Schiaffino, figura che lo aiutò a unire la sua sensibilità artistica a una profonda conoscenza del mondo storico-marittimo.
Gianmario Capato, “Rimorchiatore Torregrande”, acquerello 20 x 30 cm
Gianmario Capato, pittore per passione e marinaio per vocazione, visse a Camogli con discrezione, evitando la ribalta dei saloni ma partecipando talvolta a concorsi dove veniva puntualmente premiato. I suoi acquerelli catturano scorci autentici della città, con un tratto essenziale e commovente. Il ricordo che ne fa Carlo Gatti, già presidente della nostra Società, lo descrive così:
“L’ho sempre chiamato ‘marinarone’, perché Gianmario era un pezzo di mare che camminava tra una paratia e l’altra del rimorchiatore d’altura. Con quelle mani nodose maneggiava le cime come solo un maestro può fare… Gianmario parlava con il cuore, anzi con l’anima dell’artista che si esprimeva con qualche ritocco lasciandoti intuire tutto il resto.”
Capato era un “pittore di mare” nel senso più profondo del termine: i suoi acquerelli non si limitano a rappresentare il paesaggio, ma lo vivono e lo respirano. Le sue barche sembrano ancora ondeggiare, i suoi personaggi hanno il sale sulle mani.
Giacomo Condomitti, genovese di origine, visse a Camogli per circa trent’anni, profondamente affascinato dalla Riviera di Levante. La sua arte si espresse soprattutto nella scrittura. Autore di racconti intensi, spesso ispirati a figure comuni della vita quotidiana marinaresca, seppe descrivere con sensibilità le dinamiche familiari, le tensioni interiori, le scelte difficili.
Nei suoi testi, come nel brano seguente tratto da “Onore al merito” della raccolta “Cose di San Prospero”, si respira un senso tragico e poetico della vita.
Il mare, nella sua narrativa, non è solo sfondo: è giudice, destino, mistero insondabile:
“… per i due fratelli era diventato indispensabile. Più lui si ingegnava a mandare avanti la baracca, meno Rino e Pino si interessavano dei loro affari, demandando a Gian che nel frattempo si era fatto uomo, un uomo forte che sprizzava salute da tutti i pori, gli inconvenienti, i fastidi, le incombenze grandi e piccole che l’attività comportava.
Ad un certo punto Rino smise di andare in negozio. Pino vi si recava solo di pomeriggio, al mattino preferendo dormire sino a tardi, giacchè passava le notti sempre in giro a divertirsi. E non tutti i pomeriggi.
Una sera, in paese se lo ricordano ancora, Rino, nonostante il mare non fosse proprio calmo e minacciasse da lì a qualche ora burrasca, decise di uscire lo stesso. Con quel mare e da solo.
Non tornò più. Non trovarono neanche la barca…”
Giovanni Rocca, “La Baia del silenzio – Sestri Levante” – acrilico su legno, 40 x 50 cm
Giovanni Rocca, diplomato al nostro Istituto Nautico nel 1953, è una figura che incarna perfettamente l’unione tra esperienza e arte.
Numerosi i suoi lavori in acrilico che, come “La Baia del silenzio – Sestri Levante”, trasmettono una calma sospesa, una malinconia luminosa, tipica delle albe marine. Suo è lo sguardo dell’uomo di mare che ha visto il mondo e lo restituisce in forma di colore.
Dopo gli anni trascorsi sulle navi, ha saputo trasformare la propria vita di bordo in racconto, il suo “Contratto per un viaggio”, scritto autobiografico di 180 pagine, racconta l’impatto del primo imbarco su una nave da carico liberty: “… c’era un posto da giovanotto di prima su una nave da carico. È una nave che va alla busca: una nave che non ha un itinerario previsto né date di partenza e d’arrivo conosciute!”, mi si disse. Un’occasione da cogliere al volo per una prima breve esperienza. Era sottinteso che io accettassi: un imbarco simile non sarebbe capitato tutti i giorni. “La nave parte questa sera!”…
Vista parziale della quadreria della Sede dei Capitani e Macchinisti Navali di Camogli
Gino Anselmi, Gianmario Capato, Giacomo Condomitti e Giovanni Rocca fecero dono alla Società Capitani e Macchinisti Navali di Camogli della descrizione delle loro opere, coscienti che rappresentavano preziose e diverse sfumature dell’arte marinara. Chi con la penna o con il pennello, chi con l’acquerello o l’acrilico, tutti hanno saputo tradurre in linguaggio artistico la vita vissuta accanto al mare. I loro lavori, così differenti eppure uniti da un identico legame, testimoniano come la cultura del mare non sia solo navigazione o fatica, ma anche poesia, immaginazione e memoria.
Senza dubbio sono degli artisti di mare, non solo per ciò che raccontano, ma per come lo fanno: con rispetto, con passione e, soprattutto, con l’intimo desiderio di non far svanire quel mondo salmastro fatto di gomene, vele, macchinari e silenzi sperduti all’orizzonte.
Bruno Malatesta
(vedi articolo originale del 2008; ascolta podcast relativo a questa documentazione)