Era il tempo di quella marina mercantile che cambiava rapidamente: dalle nuove navi del dopoguerra a quelle più tecnologiche del 2000. Erano cioè gli anni ’80, l’impero dei “boomers”, oggi fanatici di Rai Storia e orgogliosi di essere “arrivati a una certa età” pur seguendo il mantra “che senso ha vivere da infermi per morire da sani”.
Come molti, mi consideravo un giovane ufficiale che avrebbe traghettato la sua carriera dal desueto modo di navigare tradizionale a quello più moderno che avrebbe anche semplificato il mio lavoro e reso più morbido l’isolamento.
Di quel pianeta che si allontanava, nel mio specchietto retrovisore risaltavano alcuni colleghi, si trattava di esperti ufficiali anziani senza diploma. Noi giovani volevamo loro un bene dell’anima, tanto che – ancor oggi – quei marittimi occupano un significativo spazio di memoria marinara.
Per poter lavorare su certe unità estere, non si seguivano le stringenti norme transnazionali di oggigiorno, ma quelle previste dai regolamenti di ogni singolo stato di bandiera. Ecco allora che si incontrava quel personale che non aveva frequentato l’Istituto Nautico e che si permetteva di smettere di navigare anche per molti anni, magari per tentare il business di una lavanderia o di un negozio di riparazioni TV. Se poi gli affari non andavano bene, si ritornava sul mare.
Ovviamente, dovuto a queste interruzioni di carriera, imbarcarsi diveniva in molti casi un mezzo esclusivamente usato per sopravvivere e non per far carriera. Di qui scaturirono quegli ufficiali detti prima che pur non essendo fregiati di licenze professionali, avevano una significativa esperienza nelle varie specializzazioni tecniche come frigoristi o elettricisti, per esempio. E’ utile ricordare qui che quei marittimi erano sì dei professionisti specializzati, ma non avevano comunque le qualifiche per presidiare la plancia o la sala macchine, cioè non avevano la responsabilità della guardia.
Di quel gruppo faceva parte anche gente che s’era ritirata in pensione con il massimo della navigazione maturata e lavorava semplicemente con il proprio passaporto. Tali esperti naviganti sfoggiavano un solo “giro di bitta” sulle loro uniformi anche se – nel nostro ordinamento marittimo – tale insegna è sempre stata indicativa dell’ufficiale titolato.
In definitiva, quel trattamento era – in molti casi – considerato un riconoscimento della compagnia armatrice che li premiava per le loro preziose competenze professionali. Bisogna ricordare che a quel tempo le navi di seconda, ma anche di terza mano, erano numerose poichè, al contrario dei giorni nostri, conveniva ancora gestire per molti anni un’unità “datata” invece di disporre subito di una fresca di cantiere che fosse equipaggiata dei moderni apparati di sicurezza e protezioni varie. Quel tipo di offerta d’impiego rivelava perciò alcuni aspetti del tessuto lavorativo di quegli anni: oltre agli ufficiali preparati e formati per le navi nuove, si richiedevano ancora quelli che conoscevano bene gli apparati delle vecchie e che non erano facili da trovare. Da qui si comprende quel riconoscimento dell’armatore di navi estere verso gli ufficiali senza diploma.
Quando lavorai sulle navi “bianche” ne incontrai parecchi di quei bravi professionisti. Era il periodo d’espansione delle crociere nei Caraibi: i “pacchetti” avevano cessato d’approdare a Cuba per invadere le Bahamas e Puerto Rico. Ricordo che alla sera, quando si aprivano le danze nella sala più frequentata dove l’orchestra s’esibiva in brani di Glenn Miller o Liberace, quegli impeccabili colleghi erano già pronti, educatissimi e cortesi, a ballare con stagionate e vispe ospiti di viaggio. Le loro uniformi erano immacolate, le bianche scarpe in pelle morbida – rigorosamente acquistate in Via Gramsci – permettevano loro di intrattenersi agevolmente nella pista da ballo. Emanavano generalmente una delicata fragranza d’acqua di colonia tipo Roger&Gallet o qualcosa di simile, alcuni avevano i capelli resi lucidi dalla brillantina. Ma attenzione, non cercavano avventure galanti, bensì un paio d’ore di svago insieme con ospiti ed amici: forse avevano intuito che il cambio generazionale dello staff di bordo era prossimo e desideravano terminare quella brillante carriera con allegria.
Infine, le navi usate lentamente sparirono, lasciando posto alle più tecnologiche unità “ibride”; apparvero gli esperti di elaborazioni informatiche, quindi quelli pratici di aspetti ecologici e le complesse organizzazioni di sicurezza che avrebbero successivamente reso l’ambiente di bordo alquanto asettico.
E con le navi d’epoca sparirono anch’essi, gli “ufficiali con un giro di bitta”, con la loro schietta gentilezza e preziosa competenza…=
Un Socio
(immagini archivio Capitani Camogli)