E’ indubbio che il periodo contrattuale su una nave sia enormemente diverso con il lavoro in terra ferma, però esistono alcuni aspetti delle cabine equipaggio che è interessante conoscere.
Sulle navi, per tradizione, il personale disponeva del suo “spazio” nella parte prodiera della nave. Nel 1800 non esistevano le cabine odierne per la bassa forza e in un unico locale si trovavano perciò una quindicina di amache. Esse erano già usate nel 1500 dai popoli caraibici come le utilizziamo noi oggi in giardino, tra un albero e l’altro; come è facile immaginare, furono quindi importate nella nostra cultura dagli spagnoli post colombiani. Questo tipo di giaciglio sospeso aveva il pregio di poter essere usato durante il riposo del personale, di poter mantenere una posizione accettabile durante le numerose sbandate del veliero ed infine di poter essere raccolto di giorno, così da liberare lo spazio ad esso dedicato. In pratica, il locale equipaggio serviva alternativamente come dormitorio e come sala mensa/svago. A quei tempi (e per molti ancora a venire), il marinaio però non disponeva di uno dei beni più preziosi: l’intimità.
Coperchio di un baule di marinaio dell’epoca della vela conservato al Civico Museo Marinaro “G.B. Ferrari” di Camogli
Forse, l’unico frammento di “privacy” era costituito dal baule, articolo indispensabile che serviva al marinaio a conservare/trasportare le sue cose e i suoi ricordi. Il baule si usava anche come piccola scrivania, utile quando si scriveva a casa. Alcuni reperti sono conservati al Civico Museo Marinaro “G.B. Ferrari” di Camogli: essi rappresentano in pieno le fantasie pittoriche dei naviganti d’allora, dando comunque sempre risalto ai temi religiosi. Chiudendo qui il riferimento ai velieri, aggiungiamo che chi era responsabile della guardia in navigazione, cioè il Capitano, lo Scrivano e il Nostromo alloggiavano a poppa, in locali separati. Oggigiorno, con la propulsione meccanica si storcerebbe il naso a piazzare le cabine nei pressi delle eliche, ma a quel tempo s’andava col vento; anzi, la poppa era sicuramente più tranquilla della prua che, sovente, riceveva le sberle delle ondate di mare contrario.
Poi, col progredire delle condizioni di lavoro a bordo, migliorano di pari passo anche gli alloggi per tutto l’equipaggio.
Bisogna attendere infatti l’avvento esteso della propulsione meccanica, cioè ai primi del 1900, per vedere le prime vere cabine equipaggio. Le amache furono sostituite dalle “cuccette”, le quali permettevano tramite una tenda di poter restare finalmente “soli” e leggere un libro, anche se quello spazio-alloggio poteva essere condiviso da dieci persone. Solo le cabine degli ufficiali superiori avevano i servizi igienici; alla bassa forza era dedicata invece un’area che conteneva una piccola scrivania e un lavabo; docce e bagni erano separati ed in comune.
Non era cosa semplice gestire la manutenzione degli alloggi sulle navi a vapore della prima metà ‘900. Gli aspetti della sicurezza venivano messi in difficoltà quando alcuni membri d’equipaggio cucinavano loro stessi in cabina, costituendo così un rischio d’incendio ma anche di scarsa igiene. Un altro aspetto era quello delle modifiche strutturali: senza nessuna autorizzazione, ecco crescere dal nulla specchi, comodini, cucinette, tendaggi e così via. Era un bel da fare per il comando di bordo far rispettare le regole, tanto che furono implementate varie misure disciplinari per chi non osservava il regolamento.
Diciamolo subito, le marinerie che furono più attente ad alleviare la condizione d’isolamento del navigante furono generalmente quelle del Nord Europa. A bordo delle loro navi, vi si trovavano i primi svaghi e spazi, come una palestra o una biblioteca, senza contare i più favorevoli trattamenti economici.
Si arriva al 1931: da tempo era possibile inviare notizie a casa tramite la stazione radio; l’isolamento del navigante si riduce e si iniziano ad adottare – oltre al contratto d’imbarco – le prime convenzioni e codici sul trattamento dell’equipaggio. Ma perchè il 1931?
La Casa dei Marinai di Camogli, inaugurata nel 1931
A Camogli fu inaugurata la Casa dei Marinai, auspicata con enorme consenso dagli attori dello shipping d’allora e dalla popolazione. Se riflettiamo – per un attimo – su come si viveva a bordo a quel tempo e il trattamento del ” buon riposo” che veniva poi riservato al navigante in pensione, si intende immediatamente quanto le norme e direttive che regolavano quella struttura fossero efficaci nell’alleviare lo stress accumulato a bordo.
Successivamente nel 1933, il “Rex” conquistava il Nastro Azzurro. Soprattutto le navi passeggeri – numerose in quell’intenso periodo di spostamenti sociali – offrivano una sempre più accogliente sistemazione dell’equipaggio. Nelle aree passeggeri venivano installati i primi sistemi di aria condizionata. Purtroppo, il personale dovrà attendere ancora del tempo prima di disporre della climatizzazione. In realtà esistevano già sistemi di ventilazione nelle aree equipaggio, ma gli stessi convogliavano unicamente aria calda o comunque di temperatura ambiente. Per avere un pò di fresco nei climi caldi, si poteva aprire l’oblò nel caso il proprio alloggio ne avesse uno. Se l’oblò non bastava, si teneva aperta anche la porta della propria cabina che poteva attirare corrente da una porta esterna che conduceva in un ponte aperto.
Il caldo sulle navi è sempre stato l’incubo dell’equipaggio. Basta immaginare la sosta di un’unità durante i lavori in bacino di carenaggio d’estate. Solo fino agli anni ’80, certi impianti venivano fermati e il personale che si trovava a bordo era costretto ad aprire gli oblò e a costruire una specie di “manica a vento” su di esso, fatta di cartone, che potesse convogliare dall’esterno anche un filo d’aria fresca.
Come è noto, l’Italia perse gran parte della sua flotta mercantile durante il Secondo Conflitto Mondiale. Venne perciò organizzata nell’immediato periodo post-bellico quella che fu chiamata “la seconda spedizione dei Mille”. Molti Capitani e marinai camogliesi, tra cui Giovanni Ferrari , andarono in America per “portare” in Italia cinquanta navi del tipo “liberty”, che erano state costruite in USA verso il termine della Guerra in un mese e mezzo! Quelle unità erano state progettate infatti per durare un solo viaggio, ma invece costituirono la nostra rinascita sui mari. Portiamo ad esempio qui proprio i “liberty”, poichè furono il tipo di nave da carico che proiettò successivamente i naviganti italiani su costruzioni nazionali più moderne e, conseguentemente, in alloggi più accoglienti.
Sistemazione degli alloggi equipaggio su una nave “liberty”, costruita in USA nel 1944 e poi trasferita in Italia nel dopoguerra
E si arriva ai giorni nostri: gli alloggi equipaggio sono spaziosi, al massimo è previsto che accolgano due persone, tutti dotati di climatizzazione. Sono pertanto scomparsi gli oblò, sostituiti da ampie finestre sigillate; l’alloggio non deve essere assolutamente alterato. Le stringenti norme di sicurezza, security, antinfortunistica e protezione dell’ambiente fanno della nave – in effetti – una delle comunità sociali più in linea con i codici dedicati al miglioramento della vita sul mare. A bordo sono previsti palestra, biblioteca, bar equipaggio, supporti informatici per vedere film e così via. Gli ufficiali superiori – sulle navi da crociera – dispongono della comunicazione Internet in cabina; il resto dell’equipaggio frequenta i punti di accesso al web in appositi locali. Le navi da crociera hanno già installati i più sofisticati impianti per il traffico via Internet e televisivo, soprattutto per l’uso dei passeggeri. Sulle navi da carico, quando ci si trova in alto mare, tali servizi sono generalmente dedicati ai soli canali di scambio corrispondenza operativa e al telefono satellitare. Va qui evidenziato che seppur i contratti d’imbarco siano più brevi di anni fa, l’isolamento sul mare rimane la causa maggiore di stress.
Cabina equipaggio di nave da crociera moderna
Con la mentalità moderna, csappiamo come la comunicazione audio/video a distanza assuma aspetti molto significativi. Riteniamo che poter scambiare – per esempio – un quarto d’ora con i propri cari, vederli e sorridere insieme, magari mentre si è in navigazione in Atlantico, sia di grande conforto per il navigante. Difatti, il contrasto tra le comunicazioni offerte dal nostro “phone” quando siamo a casa e l’eventuale sua inattività in alto mare, costituisce motivo di frustrazione. Ci auguriamo infine che la comunicazione digitale sia presto assicurata a tutti gli equipaggi del lungo corso e, soprattutto, non considerarla un privilegio, ma bensì un diritto.
Per concludere, un cenno sulle navi “senza equipaggio”. Come è noto, la tecnologia digitale dei “big data” sta facendo passi enormi verso l’eliminazione del personale di bordo. In realtà, esistono già alcuni mezzi di dimensioni ridotte che operano senza persone, ma per arrivare a mezzi grandi e complessi ci vorranno anni. Possiamo tranquillamente dire che le ultime unità “crewless” saranno proprio le navi da crociera: chi ci farà il letto? Chi pulirà la cabina? Sarà rassicurante sapere che chi “comanda” la nave sarà a migliaia di chilometri di distanza mentre noi siamo nel mezzo di una tempesta oceanica?=