Chi, tra i naviganti delle petroliere che tra il 1946 e il 1960 traversavano il Canale di Suez diretti in Golfo Persico a caricare petrolio per rifornire le mai sazie raffinerie Europee, non conobbe “Giovanni Grande Ruffiano”?
Lo chiamavano così perchè dopo la caduta del Re Faruk, usava spesso dire: “Re Faruk grande ruffiano!”.
Quella figura di Arabo simpatico e buon uomo, amico dei marittimi, specialmente se Italiani, saliva a bordo delle petroliere che arrivavano a Porto Said e si ormeggiavano alle boe in attesa di partire insieme col convoglio diretto a Sud, cioè verso il Mar Rosso.
Giovanni saliva sulla nave contemporaneamente alle Autorità Locali che imbarcavano per completare la “pratica”, cioè per ottemperare alle regole di immigrazione, dogana e transito Canale. Lui sbarcava da una piccola barchetta a motore che affiancava la nave nei pressi della scala reale (ovvero quella che scende lungo la fiancata) e, appena a bordo, faceva il giro di tutti i locali. Ad ognuno chiedeva: “Tu avere bisogno di borse, valigie, canottiere, casco per grande Sole di Ras Tanura o Mina al Ahmadi? Io avere tutto! Tu non avere soldi? Tu pagare prossimo viaggio! Tu volere tagliare i capelli? Io portare “barbiere della Compagnia! Tu avere scarpe rotte? Io avere amico “scarpari”! Tu volere spedire lettere in Italia? Dare a Giovanni, lui domani spedire!”.
A mezzogiorno si sedeva a tavola in saletta Marinai o Fuochisti; non occorreva che fosse invitato, lui conosceva tutti. Quando si accingeva a mangiare un piatto di spaghetti fumanti, qualche dispettoso gli diceva: “Giovanni, nel sugo c’è “ganzirri”! (maiale). Lui pronto rispondeva: “Giovanni è Arabo, ma pancia di Giovanni è uguale a tutte le pance del mondo!”.
Immagine: Situazione traffico navi al 25 marzo 2021 nel Canale di Suez (tratto da Marine Traffic).