In questo bailamme odierno di tecnologie elaborative che incidono più o meno sull’andar per mare, potrebbe essere utile cercare di individuare quali aspetti della nostra cultura sono probabilmente destinati a svanire.
Uno potrebbe essere il riconoscimento della costa da parte di chi governa una grande nave mercantile nelle sue vicinanze.
Tanto tempo fa – quando ci si muoveva in mare aperto – individuare la costa quando si concludeva una traversata, era ovviamente fondamentale per essere sicuri di viaggiare nel percorso desiderato. Prima ancora di giungere nei pressi di terra, si verificavano certi segnali naturali come il volo dei gabbiani oppure le alghe galleggianti orientate verso una certa corrente. Noi stessi, a Camogli per esempio, sappiamo che il famigerato Ammiraglio Ottomano Dragut conosceva, come il palmo della propria mano, i nostri impervi contorni e le loro segrete cale.
Costa nei pressi di Camogli
E allora ecco – nella letteratura dei ricordi di mare – le bianche scogliere di Dover, l’isola della Giraglia, Capo Horn, l’isola di Vulcano, Punta Chiappa e la vicina punta di Portofino, giusto per nominarne alcuni. Nella stessa letteratura, come pure negli ausili alla navigazione, apparirono pure i fari e i fanali, che avrebbero assistito i marinai soprattutto quando il Sole era tramontato. Tutti quei contorni, quegli intricati passaggi e quei punti cospicui furono ampiamente e precisamente descritti nelle carte nautiche che prima erano appunto carte e oggi sono rigenerate in pagine informatiche.
Navigazione al tramonto nei pressi di Portofino
Un nostro Socio ricordava tempo fa che l’estrema e affidabile tecnologia presente sulle navi di oggi ha di fatto diminuito l’interesse degli ufficiali a “guardare di prua”, ci si preoccupa invece molto delle complesse rappresentazioni dei vari monitor degli ausili alla navigazione presenti in plancia. Dopo il sestante, potrebbero finire nel ripostiglio anche i binocoli…
Una plancia d’oggigiorno
Lo stesso Socio affermava che si stava perdendo il fascino del navigare, dell’amalgamare il mistero del mare con il nostro particolare lavoro. Bastava pensare – per esempio – all’incertezza e l’apprensione di quando terminava una traversata atlantica senza osservazioni stellari e la successiva euforia di quando si individuava – ancora “sotto l’orizzonte” – la potente “sciabolata” del faro di Great Abaco alle Bahamas, significando così che si era sulla rotta corretta.
Illustrazione del faro di Abaco Island (Bahamas)
Certo, si concluse un altro gusto del navigare andato perduto, ma altri ne sono apparsi, completamente in linea con i naviganti attuali, come certe competenze tecniche che sono oggi utili sia a bordo che a terra, per esempio nell’ottica delle eventuali navi autonome.
Idealizzazione di nave da crociera autonoma
E per favorire il fattivo legame tra le generazioni di naviganti, la Società Capitani e Macchinisti Navali di Camogli da tempo celebra quegli Ufficiali che si sono diplomati 50 anni – ma anche 25 anni prima – al nostro celebre Istituto Nautico.=
(immagini Archivio Capitani + IA)