Un Socio ci ha inviato questo significativo “episodio di plancia”. Se a quel tempo fossero esistiti i social media, alcuni di tali racconti sarebbero diventati probabilmente “virali”.
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Sud Atlantico – In arrivo a Buenos Aires
La navigazione procedeva tranquilla in quella serata australe. Un po’ di anni fa ero un giovane Terzo Ufficiale, fresco di “patentino”, cioè finalmente abilitato ad assumere il comando di guardia su una nave da carico. Era il mio primo imbarco da vero responsabile su una portarinfuse ingaggiata nel traffico del grano. Alle 21 circa, cioè un’ora dopo l’inizio del turno, ero sull’aletta, osservavo il cielo incontaminato di quello splendido scenario d’arrivo al Rio de la Plata.
La costa argentina nei dintorni dell’approdo al Rio de la Plata
Il giorno dopo saremmo approdati a Rosario, sull’immenso Paranà, per caricare il cereale destinato in Italia. Quella notte dicevo, era perfetta, limpida e tiepida, solo una piccola luce a dritta mi teneva compagnia: il radar confermava che quella nave – distante circa 15 miglia (28 km.) – procedeva come noi verso Buenos Aires.
In quei momenti di calma pensavo a tratti alla famiglia, agli amici, alla scuola nautica terminata un paio d’anni prima: era la reazione della mia mente a quelle quattro ore rese tediose dalla tecnologia e dal tempo buono.
La situazione cinematica del racconto: a sinistra la nave del Socio. Continuando con stesse rotte e velocità le due unità avrebbero colliso
L’unica mia preoccupazione era tenere d’occhio quella luce che sembrava più veloce della “mia”. Sarebbe perciò “passata di prua”, per cui non mi preoccupai molto, sebbene – dopo circa mezz’ora – la sua distanza fosse diminuita a 12 miglia. Infatti, di lì a poco, riuscii a scorgere il suo fanale rosso, cioè quello che mostra il lato sinistro di ogni imbarcazione: significava che l’obbligo di evadere quella manovra era certamente mio, “lui” era autorizzato a continuare sulla sua rotta. Quando fu ormai a 3 miglia dovevo fare qualcosa: quella nave – purtroppo – s’era piantata nella stessa direzione con la stessa luce rossa minacciosa e la sua distanza diminuiva: significava che c’era rischio di collisione!
La nave del Socio fa il giro a sinistra mantenendo la propria velocità. Ovviamente si ritroverà sulla stessa rotta, ma più indietro di circa 15 minuti rispetto alla nave bersaglio che rimarrà perciò libera di pruavia
Potevo rallentare i giri del motore, ma non intendevo creare problemi con gli ufficiali di macchina. Mi sembrava inopportuno passargli di poppa, la distanza infatti era ravvicinata, decisi allora di fare un giro completo sulla mia sinistra. Quella manovra era libera da ogni pericolo, anche se avrebbe comportato una perdita di tempo sul tempo di arrivo. Così feci, ordinai all’esperto marinaio di mettere il timone a sinistra.
Mentre cambiavo rotta dolcemente, avevo l’impressione però di non aver fatto bene il mio lavoro, di non aver previsto per tempo certe situazioni di manovra, di essere fuggito… In quel mentre, entrò in plancia il Comandante, un burbero marinaio genovese. Mi chiese il motivo del cambio di rotta: è noto il fatto che i marinai più esperti percepiscono – anche se si trovano in cabina o a letto – quando la nave cambia direzione, comprendono cioè il respiro del mare sotto la chiglia o l’impatto del vento sulle murate.
Gli dissi che inizialmente quella nave sembrava superarci, invece s’era poi dimostrato un “bersaglio” pericoloso. Il Comandante si rese ovviamente conto delle mie scelte causate dalla poca esperienza, però fu anche soddisfatto che avessi fatto la “vòtta riōnda” (giro tondo) come la chiamava lui, significava che, anche se si ritardava l’arrivo di 15 minuti, mi ero “tenuto qualcosa in tasca”, cioè la sicurezza della nave era rispettata. Prima di ritirarsi nel suo alloggio mi rinnovò la sua disposizione di chiamarlo comunque in caso di dubbio, anche se io i dubbi li avevo avuti: purtroppo come certi giovani ufficiali, non ritenevo opportuno (e qui sbagliavo) disturbare il Comandante.
Plancia di una petroliera degli anni ’60 (Archivio Enrico Ravasi)
E quell’insegnamento mi accompagnò nella successiva carriera sul mare, cioè prevenire le situazioni, mai posticipare un problema. Pertanto, non ripetei più la vòtta riōnda: già quando i “bersagli” erano ben distanti ma già potenzialmente “pericolosi”, effettuavo subito una manovra “di pochi gradi” che mi avrebbe dato la serenità successiva.
Come tanti miei colleghi applicai anche quel comportamento alla vita di tutti i giorni, tanto che molti di noi hanno certi atteggiamenti che appresero e conservarono in seguito, alcuni scaturiti da un lontano episodio sul mare…=
(immagini Archivio Capitani Camogli)