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Gio Bono Ferrari e gli ex voto contraffatti

Il noto studioso realizzò sia per la marineria ligure e, in definitiva, per quella nazionale, un’opera vasta e preziosa, “La trilogia della vela”. Tutti i suoi resoconti in quell’opera non furono frutto di un copia-incolla, ma bensì di pazienti ed appassionati viaggi che effettuò di persona nella nostra regione. E per evidenziare quegli itinerari, realizzava le famose “chine”, frutto della sua abilità artistica e delle dettagliate descrizioni dei personaggi che incontrava. Tali riproduzioni hanno altresì la funzione di piacevole pausa mentre si scorrono i suoi particolareggiati testi, ricchi di storie e personaggi di mare.

La copertina della parte terza del volume di Gio Bono Ferrari,
“L’epoca eroica della vela – Capitani e Bastimenti di Genova e della Riviera di Ponente nel secolo XIX “. Notare che è dedicato un intero capitolo agli ex-voto

Per entrare nell’ambito del nostro racconto, diciamo che Ferrari (1882 – 1942) nella terza parte del testo “Capitani e Bastimenti della Liguria di Ponente” pubblicato nel 1941, descrisse le sedi regionali (generalmente santuari e musei) dove erano custoditi i ben noti quadri ex-voto. Inoltre, espresse la sua intensa opinione su due fenomeni che interessarono la tradizionale usanza di quei lavori, ovvero la loro sottrazione e l’inaspettata contraffazione.
Come è noto, specialmente all’epoca della vela, coloro che sfuggivano ai rischi della navigazione, esprimevano un voto alla Vergine e donavano una riproduzione del loro veliero in pericolo alla chiesa o santuario del proprio paese per testimoniare così la grazia ricevuta. La stessa opera rappresentava anche una rilevante dimostrazione storica per i fedeli che la osservavano nel tempo a venire.
A metà Ottocento, il “business” di quei lavori era molto florido. Basta pensare che – per essere più reattivi sugli “ordini” – certi artisti di ex voto preparavano le loro opere in largo anticipo lasciando solo in bianco l’effigie della Vergine che poteva essere – per esempio – quella del Boschetto di Camogli o di Montallegro a Rapallo. Veniva anche solo abbozzata l’attrezzatura marinaresca della nave, cioè si imbastiva l’alberatura standard come il trinchetto, il maestro e la mezzana del brigantino a palo, poi, altri dettagli più specifici tipo la pitturazione o la velatura, venivano completati quando l’autore riceveva la commessa definitiva. Ovviamente anche il cartiglio di base – che era solitamente scuro e vuoto – veniva infine completato con la motivazione del voto fatto-grazia ricevuta.

Dipinto di ignoto: brigantino rivierasco del 1850 (riprodotto da G.B. Ferrari)

Queste offerte, molto sentite dai marinai ed armatori del 1800, diminuirono nel nuovo secolo, intanto perché gli scafi e le attrezzature furono dappoi solitamente costruiti in metallo e perciò più robusti, ma soprattutto perché l’invenzione della radio iniziò a fornire le navi in alto mare degli avvisi di pericolo, sia meteorologici che di navigazione, permettendo perciò loro di prevenire finalmente con manovre adeguate le insidie alla propria sicurezza.
Ed è forse per la loro unicità, ma anche per il rilevante significato religioso e marinaro che quelle opere – autentiche tracce storiche – hanno da sempre rappresentato un accentuato interesse da parte di collezionisti e appassionati delle cose di mare. Del resto, ancora oggigiorno, un ottimo lavoro che rappresenta un veliero in alto mare, specie se accompagnato dalla sua storia, è un oggetto molto ambito nei salotti buoni. Pareva poi che certi mercanti d’arte, vuoi per l’origine o per l’effettivo valore, attribuirono inizialmente a quei lavori dei prezzi considerevoli, per cui il loro pregio di mercato aumentò in modo esponenziale.
Ferrari aveva appunto un’opinione in merito a quei fenomeni dei quali abbiamo accennato all’inizio: riteneva cioè che gli ex-voto fossero insufficientemente controllati e che personaggi di pochi scrupoli s’approfittassero della buona fede di chi li custodiva per poterli così acquistare per pochi denari.
Per esempio, la ricerca dello scrittore evidenziò in primo luogo che le sparizioni di dipinti erano più frequenti con quelle opere di artisti che lavoravano a Marsiglia, come l’apprezzato Camillieri o la famiglia Roux. Ne conseguì che una parte di Liguria venne visitata in quell’epoca da sedicenti intenditori d’arte come pure da colte e intriganti dame interessate alla tradizione marinara in genere.

Dipinto di Nicolas Camillieri custodito al Civico Museo Marinaro G.B. Ferrari: veliero Camogliese con bandiera del Regno di Sardegna (1816-48)

Tali personaggi pareva fossero attratti in principio da vari reperti d’antichità tipici, ma infine svelavano l’obiettivo primario delle loro ricerche, cioè i quadri marinari, specialmente se realizzati da quegli artisti detti prima. Anche se non vi fosse effettivamente nulla di illecito in quel fenomeno, Ferrari azzardava l’ipotesi che le ricerche di quei personaggi a volte si svolgevano però in modi poco chiari, quasi ingannevoli, anzi, lo storico camogliese era certo che molte di quelle opere finissero all’estero, tramite un torbido traffico.
Eccoci ora all’altro conseguente fenomeno: certi dipinti firmati da artisti autorevoli venivano abilmente contraffatti. Si eliminava l’effigie della Vergine, come pure il cartiglio scuro inferiore che motivava l’ex-voto. In quel modo, scompariva la funzione religiosa del quadro e rimaneva quella marinara, con relativo aumento di valore poiché il lavoro perdeva la sua tipicità della quale alla maggioranza della gente foresta poco importava.
Nel 1927, Ferrari si trovava in Spagna: in una vetrina d’antiquario, notò due graziose opere raffiguranti degli slanciati sciabecchi del Ponente ligure. Lo scrittore chiese quale fosse la loro provenienza. Gli fu risposto che erano due “Roux” di pregio, i quali erano stati venduti alla bottega da un antiquario francese di passaggio. Gio Bono commentò che sì erano di pregio, ma si trattava senza ombra di dubbio di due ex-voto realizzati da mano ligure: l’atteggiamento imbarazzato del negoziante gli fece difatti intendere che aveva ragione.

Sopra: bandiera del Regno di Sardegna (1802-15); sotto: bandiera inglese di marina del primo Ottocento

Obiettivo di altri “antiquari” erano le opere ex-voto raffiguranti navi dell’epoca di Crimea, cioè di metà ‘800. Questa volta la contraffazione raggiungeva livelli estremi. Le unità rappresentate battevano solitamente la bandiera sarda, che era “simile” a quella inglese: abili artisti la modificavano trasformando il riquadro dei quattro mori di Sardegna con quello crociato del vessillo britannico. Il soggetto del dipinto mutava perciò da imbarcazione Sarda a veliero di Sua Maestà, con la magistrale aggiunta sulle murate di portelli bianco-neri per evidenziare le bocche da fuoco. Ferrari affermava pure che certi contraffattori applicavano a quei lavori delle sfumature color seppia o terra di Siena, espediente “per attribuir loro la parvenza antica”.

Mare della Liguria visto da una cella del Convento di Porto Maurizio

Per concludere, pare che furti e falsificazioni di ex voto furono abbastanza frequenti almeno fino ai primi quarant’anni del Novecento. Secondo Ferrari era vero che gente “disinvolta” frequentava il mercato di quelle opere, però era anche vero che le stesse furono mal custodite. E suggerì un modo per eliminare quei fenomeni: inventariare in un sistema centrale tutti i lavori e raggrupparli in quattro/cinque sedi liguri.
Negli anni seguenti – fortunatamente e per vari motivi – certe azioni poco trasparenti cessarono.=

( – tratto da “L’Epoca eroica della vela – Capitani e Bastimenti di Genova e della Riviera di Ponente nel secolo XIX ” di G.B. Ferrari, pubblicato nel 1941;
– le immagini a china sono realizzate dallo stesso Ferrari)

 

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