Nella cultura marinara c’è sempre stata la nave maledetta. Secoli addietro se ne trovavano – per esempio – in alcune leggende folcloristiche come “l’Olandese Volante”, ma anche negli scritti di narrativa storica, che hanno da sempre compensato quel mistero che avvolge ancor oggi – seppur in tono minore – certe storie di mare.
La gente delle navi è di certo rimasta perplessa quando recentemente è “riemerso” – ancora una volta – il relitto del Titanic nelle cronache. A chi leggeva certi articoli, non sarà sfuggito con disappunto che quell’unità è stata etichettata in maniera disinvolta come “maledetta” o “dannata” o “che inghiotte i relitti di altre imbarcazioni”…
La posizione approssimata dell’affondamento del “Titanic”
E’ noto che il transatlantico inglese affondò nel 1912 al largo di Terranova in rotta per New York, dopo aver urtato un enorme iceberg, portando con sé, nelle acque pressochè ghiacciate del Nord Atlantico, circa 1500 povere anime. Quella volta, il mistero di cui parlavamo prima non avrebbe dovuto essere presente e invece, in quel periodo di importanti innovazioni tecnologiche (prima fra tutte la radio), furono lo stesso avanzate molte ipotesi su quella tragedia. Ancora ai nostri giorni non si è accertato completamente cosa accadde e, per ciò, ecco allora che riappare la narrativa storica che s’insinua a fondo nelle coincidenze personali o nei vuoti di spiegazioni tecniche e probabilmente lo fa anche per eclissare una certa parte di responsabilità di chi contribuì in genere ad ogni importante sinistro marittimo della storia.
Se oggi si considerano le cause dell’affondamento del Titanic, chiunque riscontra che la nave non era difatti sventurata, ma fu chiaramente gestita da chi non era preparato a dirigere quelle innovazioni tecnologiche dette prima. E l’impreparazione riguardava – tra l’altro – il non riscrivere le regole che invero dovevano essere applicate ai nuovi mezzi di salvataggio o agli stessi ordini del timoniere, oppure alle trasmissioni radio: di questo però il Titanic–nave non ebbe nessuna colpa.
In realtà quell’unità dovrebbe essere considerata un camposanto delle profondità, dove riposano le sue povere anime inquiete che, mentre affogavano nei tenebrosi e gelidi baratri atlantici, si chiesero in 45 minuti com’era stato possibile che la nave “inaffondabile” fosse stata difatti governata a collidere con l’iceberg e soprattutto perché la maggior parte di chi urlava in acqua non aveva avuto accesso ai mezzi di salvataggio.
Come succede con tutte le tragedie marittime, chi lavora oggi a bordo delle navi ricorda con tristezza quella terribile vicenda e auspica perlomeno che il relitto del Titanic (con la sua tremenda storia) sia invece rispettato e non qualificato come “maledetto”.=