Camogli ha una cultura marinara infinita. Certi episodi della sua storia sul mare sono l’amalgama tra pericolo, passione, esplorazioni, avventure, personaggi che sembrano scaturiti dalla fantasia di autorevoli autori d’ogni epoca. E queste caratteristiche si riuniscono difatti in quelle atmosfere romantiche che individuano ancor oggi le trame cinematografiche di grande successo: ci viene in mente il celebre “Titanic”, oppure “L’ammutinamento del Bounty”, ma anche la serie TV soft della “Love Boat”.
1943: arrivo in porto a Camogli dei naufraghi della nave “Ischia”, affondata a Punta Chiappa
E allora viene spontaneo pensare ad alcuni fatti della nostra tradizione. Vedi la vicenda del “Rif Carmen” Emanuele Razeto che fu rapito dai pirati barbareschi e passò varie pericolose situazioni prima di tornare a casa; oppure la navigazione in Atlantico sulla scialuppa del veliero “Nemesi” che infine fu salvata; ma anche la stessa esperienza dei marinai Camogliesi naufragati a Tristan da Cunha: quella storia potrebbe addirittura far parte di una serie TV.
Un nostro Socio, appassionato di cinematografia, scrisse tempo fa il breve racconto che segue su due famiglie di Camogli al tempo della vela. Dallo scritto, per esempio, s’intende che tanti nostri avvenimenti potrebbero davvero essere sceneggiature di coinvolgenti film. Sognare non costa nulla.
**********************************
Nel 1887, spesso si notava sulla spiaggia di Camogli una signora che passeggiava col suo ombrellino, ogni tanto si soffermava a osservare l’orizzonte.
Si chiamava Erminia Duval, era nata a Nizza nel 1860, quando la città venne ceduta alla Francia. Suo padre, Pierre, era un giovane facoltoso armatore che, all’epoca della spedizione Francese in Algeria, conobbe il Capitano Astengo di Camogli e con lui consolidò parecchi affari marittimi tanto che, appunto nel 1860, decise di trasferirsi a Camogli con sua moglie Eliette e l’appena nata Erminia. Il nome di Erminia scaturì da quello di un veliero col quale Astengo e Duval conclusero opulenti noli tra la Francia e l’Algeria.
Negli anni successivi, la famiglia Duval si insediò radicalmente a Camogli: era il periodo dell’Unità d’Italia, della Mutua Marittima Camogliese, del benessere conseguente alla Guerra di Crimea.
La famiglia nizzarda aveva acquistato una splendida tenuta nei dintorni di Ruta che chiamò “Villa Lavande”, sia per ricordare le proprie origini e sia per la moltitudine di quelle piante nei giardini di proprietà. Fuori dagli orari di scuola, Erminia seguiva il padre nel suo scagno del porto, le piaceva il lavoro del genitore.
Astengo invece aveva un figlio, Filippo, nato due anni prima di Erminia. I due bimbi iniziarono a frequentarsi nella calata del porto, poi lui frequentò la Scuola Nautica e lei l’Istituto di Ragioneria a Genova. Filippo, nel 1883 assunse il primo comando sul brigantino a palo Aurora Duval, gestito appunto dai genitori, mentre Erminia iniziò a seguire gli affari dell’anziano padre.
I due giovani si frequentarono perciò più raramente, lui impegnato in lunghi imbarchi, lei impegnata negli affari di famiglia. Con il sostegno del vecchio Duval – che aveva intuito l’eccellenza della figlia nel campo marittimo – a Camogli, Erminia assunse una posizione sociale sempre più prominente, tanto che gli abitanti della Città le avevano dato un “nomiaggio”, <’a provençâ>, così per ricordare la sua provenienza “foresta”.
Lei amava scendere a piedi da Ruta a Camogli; utilizzava il “fiacre” di famiglia per risalire a casa o quando pioveva. Durante quelle agili passeggiate, ripensava spesso a Filippo: prima che lui imbarcasse, i due giovani parevano anime gemelle, anche se tra loro non c’era stato ancora impegno di matrimonio. L’occasione poteva forse verificarsi al suo prossimo sbarco. Erminia sostava spesso al Santuario del Boschetto, dove incontrava il prete Prospero che ben conosceva lei e la sua famiglia: il religioso era infatti consigliere spirituale degli Astengo e dei Duval e ben al corrente delle aspirazioni della giovane.
Durante una cupa giornata di metà febbraio del 1887, appena giunta in ufficio, riceveva un tragico telegramma del corrispondente di Dakar, nell’Africa Occidentale. L’Aurora Duval era già in ritardo su quel porto di due settimane: si temeva un naufragio viste le pessime condizioni del tempo in quel tratto di mare. Benchè fosse preparata a quel tipo di eventi, Erminia fu colta dallo sconforto, intensificò le visite al Boschetto e sentì l’esigenza di passeggiare spesso sulla spiaggia grigia e desolata (come avevamo anticipato), soffermandosi ogni tanto ad osservare quell’imprevedibile mare che tanto dà e tanto toglie.
Dalle alte case prospicienti l’arenile, le donne di Camogli immaginavano il dolore della “provençâ” ed inevitabilmente i loro pensieri andavano di riflesso ai propri famigliari imbarcati sugli oceani lontani.
Passarono i giorni e anche le sue più forti speranze si affievolirono: di Filippo nessuna notizia. L’assalivano inquietudini emotive ma anche apprensioni finanziarie, tanto che andò alla Mutua Assicurazione, la quale era già informata del ritardo dell’Aurora Duval. A metterla al corrente dei dettagli del risarcimento fu il giovane Nicolò Costa, il ragioniere della Mutua. Nicolò le confermò che per quei velieri Camogliesi dei quali non si avevano più notizie nell’Oceano Atlantico si doveva attendere dodici mesi prima di considerarli perduti e quindi il denaro – corrispondente ai due terzi del valore del barco – non poteva essere percepito immediatamente.
Iniziò così il limbo di Erminia, cioè sperare di ricevere prima possibile notizie di Filippo e della sua nave nei mesi a venire. Le visite all’Assicurazione si fecero più intense, tanto che Nicolò si invaghì di lei e della sua determinazione negli affari. Anche il giovane era di famiglia agiata e gentiluomo, per cui preferì mantenere segreto e discreto quel sentimento, almeno in attesa di notizie del destino dell’Aurora Duval.
Dopo venticinque giorni – diremmo finalmente – arrivò un inatteso dispaccio dall’agente della Martinica: una lancia con a bordo alcuni sopravvissuti del naufragio del veliero Aurora Duval era giunta sulle spiagge dell’isola caraibica dopo aver attraversato l’Oceano! Il corrispondente elencava i nomi dei naufraghi tra cui figurava anche il Capitano, Filippo Astengo.
La notizia si diffuse rapidamente a Camogli, i due casati armatoriali ritornarono a sorridere, Erminia – euforica – si ripromise di donare (col ritorno di Filippo) un dipinto ex-voto al Santuario del Boschetto. Ma soprattutto, era felice poiché sicuramente quella sarebbe stata la volta giusta del loro matrimonio e – chissà – forse Filippo avrebbe smesso di andar per mare e finalmente assumere le redini della casa armatoriale…naturalmente insieme con lei!
L’armatrice volle anche andare alla Mutua per definire infine i termini del rimborso assicurativo per la comprovata perdita totale della nave e, con sorpresa, fu informata che Nicolò era stato sostituito da un altro contabile. Del resto, in quegli anni la marineria di Camogli era avviata al declino e con essa anche l’Assicurazione Mutua per cui, gli attori di quell’irripetibile e florido periodo, cercavano – dove possibile – nuove opportunità professionali.
Gli anni passarono. Durante le belle domeniche di Sole, Erminia e Filippo passeggiavano sovente coi loro due bimbi sulla spiaggia di Camogli, osservando quel mare che può cambiare la vita della gente. E di quella gente faceva parte anche Nicolò che, quando – anni addietro – era stato informato del salvataggio dell’Aurora Duval, aveva raggiunto la sua famiglia in Cile.=
(immagini: Archivio Ferrari e Capitani Camogli)