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1874: il disegno di Gaetano Mortola

A fine ‘800, c’era ovviamente chi considerava che Camogli disponesse di un’inesauribile riserva economica che avrebbe permesso di adeguarsi ai nuovi progressi del 1900. Ma c’era pure chi aveva intuito che se la Città avesse continuato unicamente a essere custode della tradizionale marineria velica, ben presto la sua linfa sociale ed affaristica si sarebbe esaurita.
Ci fu quindi un ideale incontro tra varie situazioni e tendenze. Una era che Camogli non disponeva di un adeguato porto e di un grande cantiere che permettevano di caricare e costruire navi in loco, così da completare la bolla della sua prosperità. L’altra era che le informazioni che si aggiornavano ogni giorno sulle nuove tendenze marittime, soprattutto quelle relative all’utilizzo di navi a vapore, facevano d’altro canto prevedere che la nostra economia “famigliare-marinara” non sarebbe durata a lungo. Se si confrontano questi aspetti con la riserva economica detta all’inizio, si può comprendere perché qualcuno avanzò la naturale proposta di allargare il porto di Camogli.

Il porto di Camogli a fine ‘800

Genova, Vico Vegetti – 1874
In una calda mattinata di agosto, Gaetano Mortola, molto conosciuto a Camogli come Capitàn Mōrtōa, s’affrettava nell’angiporto genovese per giungere in tempo all’appuntamento con il tipografo Lodovico Lavagnino. Quest’ultimo aveva aperto da qualche anno il suo nuovo opificio in Vico Vegetti: gli affari gli andavano bene, tanto che certi suoi lavori come la pubblicazione del Caffaro o alcune notevoli immagini realistiche, gli produssero una rilevante notorietà. E questo ben lo sapeva il Capitano Mortola, che desiderava disseminare efficacemente il suo progetto.

Sovraimpressione del progetto di Gaetano Mortola con una carta francese dell’800, conservata al Civico Museo Marinaro “G.B. Ferrari” di Camogli

Il progetto di Mortola
In quel tempo, quando la vocazione turistica non era una priorità e non ci si preoccupava di gravi cambiamenti climatici, il camogliese aveva disegnato quello che avrebbe dovuto essere il nuovo porto. Sicuramente uno dei motivi che lo spinse all’idea era che a quel tempo Camogli non aveva spiaggia, in pratica, il suo sbocco sul mare era molto limitato. Inoltre, si poteva ben immaginare che – nonostante il significativo sostegno di Lavagnino, non era semplice far approvare al pubblico e agli esperti il suo progetto definitivo. Come al giorno d’oggi, spesso l’innovazione veniva accolta con diffidenza e, se vogliamo, con invidia.
Certamente lui temeva che la stessa Genova non vedesse di buon occhio un’espansione di Camogli, forse per due motivi: uno era che nel 1874, il nostro centro godeva a livello globale ancora di un’ottima reputazione marittima, sia di affari che di professionalità; l’altro era che un nuovo porto a Camogli avrebbe offerto un rilevante ridosso alternativo dai venti di traversìa che, notoriamente, provocano disagi alle navi ed altri mezzi in manovra a Genova.
Tuttavia, Mortola non si era scoraggiato. Dopo aver consultato il proprio gruppo sostenitore formato da una ventina di fidati soci, desiderava inoltrare i suoi piani all’Amministrazione Centrale. Ed infatti, dopo aver ricevuto da Lavagnino la copia stampata del piano, la inviò celermente a Roma per l’approvazione.

Il progetto di Gaetano Mortola in grafica moderna. Notare le direzioni dei venti di traversìa, cioè quelli che sono i più insidiosi per le operazioni portuali; tra essi, lo Scirocco era il meno pericoloso poichè ridossato dal promontorio

Il disegno e la delusione
Purtroppo, il Governo centrale non dette mai il semaforo verde per attuare quell’opera. A parte certi locali dissensi come accennato sopra, pare che in fase d’ispezione, i costi del progetto furono ritenuti invece più onerosi del previsto. Non va qui scordato che la profondità del mare antistante Camogli aumenta rapidamente verso il largo e ciò poteva rendere la spesa del progetto più gravosa, senza contare tutta la logistica dei grandi lavori che si dovevano inventare nei dintorni della nostra Città, visto che si sarebbe dovuto aprire un largo varco a mare nel tratto che va dal Cenobio fino a quasi San Rocco.
Vi erano poi perplessità sulla disposizione stessa dell’approdo. Visto dall’alto pareva un ingrandimento del porto napoleonico già esistente: molo a riparo del Libeccio, entrata dal lato Genova. Si notò che la diga foranea in progetto era lunga circa un chilometro e un chilometro era larga l’entrata da Ponente, fuori dal Castel Dragone. Questo può far dedurre che il porto vero e proprio di Camogli con banchine, cantieri, darsene ed altri spazi operativi non fu mai disegnato, anche perchè se realizzato nel 1874, quel grande progetto necessitava più di un artefice. E perciò per Mortola tutto il suo impegno in quell’idea fu sicuramente gravoso, tanto è vero che dilapidò in essa quasi completamente le proprie sostanze, per morire infine in modeste condizioni.
Camogli perciò non ebbe il suo grande approdo.

Il piano originale di Gaetano Mortola – stampato da Lodovico Lavagnino nel 1874 e conservato al Comune di Camogli

Fine di un’idea
Osservando quei fatti con lo spirito dell’epoca, c’è da notare che molti Camogliesi – negli anni a seguire – si rammaricarono di quell’insuccesso ma, lentamente, affiorò poi tra i residenti il sentimento di soddisfazione per quell’opera che non venne mai realizzata, anche perchè un porto di importanza globale stava si stava consolidando ad appena 20 chilometri di distanza.

Per descrivere tuttavia certi stati d’animo, ancora nel 1930, è significativo il fatto che lo stesso Gio Bono Ferrari affermò: ”Se quel progetto si fosse attuato, Camogli avrebbe avuto un’espansione meravigliosa; dove oggi è il Castellaro vi sarebbero delle banchine, delle gru e degli stabilimenti navali, perché la collina sarebbe stata spianata e Camogli gareggerebbe con il porto di Savona o di Livorno; la sua popolazione, forse, si avvierebbe ai centomila abitanti!”

(Tratto da “La Città dei Mille Bianchi Velieri, Camogli” di G.B. Ferrari; immagini archivio Capitani Camogli – archivio Ferrari)

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