SOCIETA' CAPITANI E MACCHINISTI NAVALI - CAMOGLI

Garibaldi, Bixio e Camogli
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Introduzione

Sulla colonna rostrata di Ponte dei Mille a Genova, c'è una targa commemorativa che riporta l'evento che ebbe protagonista l'Eroe dei Due Mondi, Giuseppe Garibaldi:

“Giungere a bordo di due vapori nel porto di Genova, ormeggiati sotto la darsena, impadronirsi degli equipaggi, accendere quindi i fuochi e prendere il “Lombardo” a rimorchio del “Piemonte”: son tutti fatti più facili a descrivere che ad eseguire e vi fan mestiere molto sangue freddo, capacità e fortuna.”  

Purtroppo, la suddetta targa è stata affissa, con poca accortezza, in fronte al vicino palazzo della Stazione Marittima, in maniera cioè che il passante non la possa notare.

La colonna di Ponte dei Mille/The pillar of Ponte dei Mille pier, at Genoa

Nel testo seguente, non si vuole entrare nel merito storico d'una delle pagine più significative dell'Unità d'Italia, ma invece rivisitare i personaggi Garibaldi e Nino Bixio che, prima d'essere stati i valorosi combattenti che tutti conosciamo, erano capitani di mare. Garibaldi addirittura, ebbe la sua prima nomina a comandante su una nave camogliese; Nino Bixio invece, fu l'artefice dell'evento descritto dalla targa suddetta. La sua perizia nautica permise di iniziare con successo quella spedizione che rimane indelebile sui nostri testi di storia.

Le navi e lo scenario

I piroscafi “Lombardo” e “Piemonte”, la sera del 5 Maggio 1860 erano ormeggiate alla batteria della darsena, l'odierno “Ponte dei Mille”, appunto . Tra esse, v'era una vecchia nave in disarmo, la “Joseph”, che fu usata da Nino Bixio nei giorni precedenti l'operazione come base “segreta” di preparazione.

Il porto di Genova nel 1860/The port of Genoa on 1860

Le due navi erano del tipo a motore, con pale rotanti e dotati di vele quadre; rappresentavano cioè quella lenta mutazione della tecnologia dalla propulsione a vela a quella meccanica, che si concluse a favore di quest'ultima dopo il primo novecento.

Le unità appartenevano all'armatore Rubattino e il contratto di cessione a Garibaldi fu segretamente chiuso a Torino nei giorni precedenti, col benestare del Regno piemontese. Va detto che questo “debito” fu successivamente saldato a Rubattino con l'acquisizione della flotta siciliana Florio, aggiuntasi alla nuova Regia Marina appena costituita. Quell'annessione, insieme ad altre, caratterizzò la genesi della Marina Mercantile Italiana.

Ma torniamo a quella sera. Con i favoritismi di chi sapeva ma non lo diceva alle autorità, Garibaldi ed i suoi volontari salirono a bordo delle due navi, ne presero il comando, eludendo la docile resistenza degli equipaggi volutamente non informati dall'armatore. Il comandante del “Lombardo” era Nino Bixio; Garibaldi era a bordo del “Piemonte”, il cui capitano era Salvatore Castiglia, patriota siciliano. Faceva parte del gruppo anche Simone Schiaffino, l'eroe portabandiera camogliese, il quale fu il timoniere del "Lombardo".

Il piano era quello di partire più velocemente possibile, dirigere a Quarto ad imbarcare il resto delle camicie rosse e proseguire per la Sicilia.

Appena giunto a bordo del “Lombardo”, Nino Bixio veniva informato dal Direttore di Macchina Giuseppe Orlando che il personale addetto non poteva avviare le macchine. Poichè il solo “Piemonte” non poteva accogliere tutti i volontari, nè avrebbe avuto senso dimezzare la forza della spedizione, già fin troppo ridotta, il comandante garibaldino decideva senza esitazioni di tentare il rimorchio dell'altro piroscafo. Il suo intento era quello di avviare le recalcitranti macchine del “Lombardo” nel corso delle successive operazioni d'imbarco della truppa a Quarto.

La partenza dei Mille in una stampa d'epoca/The departure of the 1000 in a period printing

Il tragitto tra il porto e il luogo di radunata dei volontari non era di per sè particolarmente lungo: le condizioni in cui la manovra doveva essere eseguita erano, tuttavia, tali da far rizzare i capelli in testa anche ad un capitano di lungo corso e grossa esperienza come Bixio.

Il medievale e assai movimentato porto genovese, ben diverso da quello attuale e persino più piccolo dell'odierno specchio d'acqua del cosiddetto “Porto Vecchio”, era infatti una foresta d'alberi di velieri ormeggiati ai gavitelli o ammassati a ridosso delle dighe, di fumaioli di piroscafi, di boe, imbarcazioni e galleggianti vari, tra bettoline e maone.

A questo punto, bisogna stigmatizzare che il fallimento dell'inizio di quella spedizione avrebbe annullato un'occasione storica irripetibile, pertanto non si doveva commettere errori e neppure permettere alla sfortuna di insinuarsi tra le pieghe di quel colpo di mano.

La manovra  

Dopo aver preso a rimorchio il “Lombardo”, le due navi partivano dalla batteria della darsena con l'ausilio di compiacenti ormeggiatori. Erano le 2:15 del 6 Maggio 1860. Quel rimorchio rappresentò un capolavoro di tecnica marinaresca: con abili maneggi dei cavi di traino e variazioni delle motrici, le due navi si districarono in sicurezza dalla giungla delle barche ormeggiate nello specchio d'acqua del porto. Si deve poi ricordare che tutta l'operazione doveva essere fatta nel massimo silenzio e nel minimo tempo possibile, senza l'ausilio di mezzi portuali (i quali avrebbero potuto avanzare dei crediti in un secondo tempo). Non va qui dimenticato, che Simone Schiaffino, timoniere di una nave rimorchiata in acque ristrette, espletò il suo compito con professionalità ineccepibile.

Qui sopra, la sequenza dell'uscita del rimorchio da Genova. Probabilmente, sono stati usati cavi di cocco o canapa, sistemati a briglia e passati il più esternamente possibile dalla poppa del "Lombardo". Sicuramente il "Piemonte" ha proceduto a "colpetti" di macchina per evitare un eccessivo scarroccio del suo rimorchio. La lunghezza del rimorchio è stata aumentata sicuramente dai 20 metri iniziali ai 40 appena usciti dal porto, fino ad un valore ottimale per la navigazione fino a Quarto/The sequence of the departure of the two Garibaldi ships, the Lombardo and Piemonte

La tecnica di rimorchio "a briglia"/The technique of the "bridle" towing system

Appena fuori dallo scalo genovese, il piccolo convoglio incontrò quel mare lungo che tanto fece patire certi volontari non abituati a viaggiare sulle navi. Dopo aver riassestato i cavi di rimorchio, le due navi arrivarono a Quarto alle 3:30 di quella stessa mattina. Le macchine del “Lombardo” furono riparate e le due navi salparono verso la Storia alle 7:15. L'operazione preliminare dell'Unità d'Italia aveva avuto successo!

Quest'immagine di quel periodo, dà un'idea della congestione del porto di Genova del 1860/A congested port of Genoa on 1860

Il corso della storia però, sarebbe stato molto diverso se quella notte un pugno di disciplinati ed esperti marinai, guidati con coraggio intelettuale e fisico, perizia nautica, ascendente e, soprattutto, mano sicura, non fosse riuscito a compiere quella difficile quanto ignorata pagina di perizia marinaresca.

Che fine fecero i due piroscafi?

All'arrivo a Marsala, sia il “Piemonte” che il “Lombardo” riuscirono, come è noto, a sbarcare le camicie rosse, ma furono anche bersaglio dell'artiglieria borbonica. Dopo vari incagli e disarmi, il “Piemonte” venne avviato alla demolizione nel 1865 ed il “Lombardo” andava in secca alle Isole Tremiti nel 1864 durante uno dei suoi trasporti di prigionieri politici verso quelle isole adriatiche.

I marinai Garibaldi e Bixio


Garibaldi e Bixio frequentarono la Scuola Nautica di Genova verso il 1820 per imbarcarsi, al termine degli studi, come mozzi nella Marina Sabauda.

Bixio, dopo aver effettuato imbarchi come comandante di velieri, intraprese l'attività politica e patriottica e fu stretto collaboratore di Garibaldi. Dopo le vicende dell'Unità d'Italia, si dedicò all'attività di imprenditore-esploratore e, nel 1873, nel Mar della Sonda, morì di colera.

Giuseppe Garibaldi invece, all'inizio della sua carriera in mare fu molto vicino alla nostra tradizione camogliese. Leggiamo una pagina di Gio Bono Ferrari, tratto da: “La città dei mille bianchi velieri, Camogli,”:

Verso l'anno 1830, il capitano camogliese Antonio Casabona dovette poggiare per un'emergenza medica a Costantinopoli: il suo scrivano (1° Ufficiale) era gravemente ammalato. Per proseguire la navigazione occorreva cercare un altro scrivano di fiducia e il cap. Casabona ne parlò al Console di Sardegna.

Una sera, un piccolo caicco si avvicinò a forza di remi al barco camogliese ed un giovanotto agile e prestante salì svelto la sottile e penzolante biscaglina. Aveva un che di spavaldo, occhi azzurri e una criniera di capelli biondi. Si presentò al lupo di mare che l'osservava con curiosità. Il giovane disse: “Giuseppe Garibaldi, di Nizza Marittima, ex scrivano del brigantico “Cortese”. A capitan Casabona, quello scrivano sembrava un pò troppo giovane e anche un pò sbarazzino; prima di assumerlo, volle attingere informazioni sul suo conto.

Seppe così che Giuseppe Garibaldi, ex 1° Ufficiale del “Cortese”, non trovando un imbarco immediato, s'era impiegato quale precettore di tre ragazzi, figli di mercanti levantini. Inoltre, nell'adempimento dei suoi doveri d'insegnante, aveva dimostrato tatto, energia e molto buon volere. Informazioni eccellenti s'ebbero altresì dal ceto marittimo di Costantinopoli. Era un giovane che valeva, gli fu detto. E capitan Casabona, pago delle informazioni, assunse il nuovo scrivano e fece vela per Livorno.

Durante la navigazione, piuttosto ostacolata dagli elementi, il camogliese ebbe agio di studiare il giovanotto e di apprezzare le sue belle qualità d'uomo di mare: energia, coraggio e sangue freddo. Finite le operazioni di scarico a Livorno, il barco camogliese ritornò a Genova. Capitan Casabona decise di sbarcarsi per un turno di viaggio, onde godersi un pò la sua famiglia e assistere il suocero nella costruzione d'un bastimento.

Lo scrivano Giuseppe Garibaldi aveva dato ottima prova e ci si poteva fidare. Capitan Casabona allora, noleggiò il suo bastimento per Maone, Gibilterra e Costantinopoli e ne affidò il comando a Giuseppe Garibaldi, promuovendolo così Capitano di Lungo Corso. Il futuro Generale, colui che la Storia chiamò il Donatore d'un Regno, assolvette egregiamente il compito affidatogli e dopo più di un anno riportò il bastimento a Genova, con piena soddisfazione dell'armatore.

Camogli può dunque vantarsi d'essere stata la Città che per la prima offrì a Giuseppe Garibaldi il comando d'un bastimento.

Carlo Gatti - Bruno Malatesta