Gli uomini di mare sparsi nel tempo, dalla preistoria ai giorni nostri, hanno sempre avuto un nemico in comune che resta immutato per la sua forza esplosiva e travolgente: la tempesta! Sebbene piccole, medie e grandi navi, tutte altamente tecnologiche ed automatizzate, solchino oggi i sette mari con grande disinvoltura, le statistiche, purtroppo, ci dicono che il numero dei naufragi, oggi, è sempre altissimo. Duemila anni fa i marinai si difendevano dai fortunali navigando in Mediterraneo soltanto nei mesi buoni tra la primavera e l'autunno e quando potevano, soltanto di giorno e in vista della costa.
Oggi le difese del marinaio sono scritte ed imposte dalle leggi sulla sicurezza della navigazione che sono approvate e rispettate da “quasi” tutto il mondo. Nell'avverbio virgolettato c'è la chiave di lettura del fenomeno che in mare si chiama deregulation e i naufragi avvengono non soltanto a causa delle tempeste, ma anche per gli incendi, le esplosioni, le collisioni e per l'impreparazione e l'insufficienza di personale qualificato.
Da questo quadro a tinte fosche è facile ora passare ad altri tipi di quadri che vanno ad arricchire lo stesso tema e precisamente quelli: Per Grazia Ricevuta, che continuano a salire e fissarsi ai muri dei Santuari Mariani che costellano le nostre coste per testimoniare l'incrollabile fede della gente di mare.
Prima del Cristianesimo, ex-voto in terracotta o legno, indirizzati a divinità anche minori, come la dea Mefite, sono stati ritrovati durante scavi di siti archeologici. In epoca romana, raccontano Virgilio, Cicerone, Orazio e Tibullo, i marinai usavano appendersi al collo tavolette votive dipinte, rivolte a Iside, dea che proteggeva dalle tempeste, ma anche a Nettuno, Castore e Polluce, numi protettori dei naviganti.
I naviganti credono in Dio anche quando, in certi frangenti, lo trattano a male parole, consci della propria debolezza, della paura e quindi del sentirsi abbandonati dal Supremo che tuttavia cercano con forza e con rabbia, per richiamare la Sua attenzione, per sentirlo vicino in quella natura ostile, a volte selvaggia che minaccia la loro esistenza. Poi, quando la tragedia è vicina, l'ultimo pensiero vola, sotto forma di preghiera e richiesta d'aiuto, verso la madre anzi, alla grande Madre di tutti, alla Vergine Misericordiosa, ultima speranza, ultima spiaggia d'approdo e di salvezza.
Alberi spezzati, prue ingavonate, lance di salvataggio travolte dai marosi, scogliere infernali, annegamenti, infortuni e naufragi, sono i ricordi degli scampati pericoli che rimangono incisi nella mente e negli occhi del sopravvissuto e che vengono tradotti in opere votive in legno, in acquerelli, in dipinti a tempera, ma anche su metalli pregiati. Gli ex-voto nascono così, da incubi vissuti che spesso vengono descritti ed affidati a dei veri artisti, pittori di navi, che ben conoscono l'arte della costruzione navale e sono quindi in grado di ricostruire fedelmente la scena apocalittica del disastro.
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L'Ex-Voto, di cm 87x67, dell'artista G. Roberto rappresenta il veliero Narcissus in grave difficoltà nel passaggio del terribile Capo Horn, durante il quale l'equipaggio e la nave si salvarono miracolosamente per intercessione della “Vergine Santissima di Montallegro” il 22-23.9.1903. La didascalia del quadro riporta la posizione geografica dell'avvenimento e i 12 nomi dell'equipaggio che offrono “in ringraziamento questo ricordo alla V.SS. di Montallegro (Rapallo) – Genova - Marzo 1904”. |
Altre volte invece sono opere semplici o addirittura infantili che testimoniano tuttavia il desiderio dell'autore di stabilire un legame autentico, esclusivo con Maria, per offrirLe un dono semplice che assomigli ad una preghiera che sgorga dal cuore senza alcuna mediazione.
Continuando ad esplorare in questa forma di devozione probabilmente coeva alla prima nave, ci siamo imbattuti anche in un ex-voto per grazia ricevuta , molto particolare: la Basilica di S.Giovanni Evangelista di Ravenna, fatta erigere da Galla Placidia come ringraziamento per essere scampata insieme al figlio, alla tempesta che investì la nave sulla quale si trovava durante un viaggio tra Ravenna e Bisanzio.
La tavoletta votiva è apparsa, in tutte le epoche, su tutte le sponde del Mediterraneo e persino nel vicino oriente ed è conosciuta anche altrove, specialmente nelle zone confinanti con l'Italia. Essa rientra in quella che è genericamente definita “arte popolare” e rappresenta una vera e propria miniera d'informazioni attraverso le quali è possibile seguire, ad esempio, l'evoluzione della nostra marineria.
Su disegni che datano dal XVI secolo in poi, vediamo rappresentati i trabaccoli, le galere e le galeazze, le saettìe, le tartane, le polacche, le felucone, le bombarde e quindi i brigantini, le navi ed i brigantini a palo, seguendo i progressi dell'architettura navale, fino alla raffigurazione di battelli a vapore che entrano in collisione con navi a vela, quasi a sottolineare il definitivo passaggio epocale, dalla vela al motore.
La tecnica seguita per la realizzazione delle tavolette votive è in genere pittura ad olio su tavoletta lignea; talvolta si è visto un acquerello su carta incollato poi sopra la tavoletta. Nel ‘700 fu molto usata la tela mentre, dal secolo scorso, sono stati introdotti altri materiali come lo zinco, il cartone, la masonite, il vetro. La grazia richiesta o ricevuta viene rappresentata in due o tre scene successive, sullo tesso disegno, e la posizione della divinità che intercede, - in genere la Madonna – è sempre nella parte alta, talvolta al centro, ma più frequentemente ad uno dei due angoli della tavola; nel ‘500 e nel ‘600 si usavano le formule V.F.G.A . oppure V.F.G.R. “ Votum fecit et graziam Accepit o Recepit” disegnate in genere in basso a sinistra e ripetute tante volte quante sono state le grazie. Nei secoli successivi è stata usata la sigla P.G.R. o P.G.O. “per grazia ricevuta o ottenuta”.
Carlo Gatti (5/2007)