Uragano "CARRIE" - Liberty Enrico C. - 10/9/1957
Partimmo da New York, sapendo che il 7 settembre si era formato un ciclone tropicale "Carrie" in latitudine 17 gradi Nord e long. 42° Ovest. Era distante da noi ben 2.300 miglia circa. Non ci preoccupammo eccessivamente, pur rimanendo sempre informati e posizionandolo giornalmente su un'apposita carta che tenevamo in sala nautica, appesa alla paratia.
Il giorno 11 e 12, navigammo regolarmente.
Il giorno 12, alle 1200, avevamo percorso circa 372 miglia alla velocità di 10 nodi circa. Verso le 1400, il ciclone cambia direzione e si dirige verso Nord ad una velocità di circa 11 mgl.: calcolando che ci saremmo incontrati a metà Oceano, cambiammo rotta e dirigemmo per rotta vera 127°. Il 13 settembre dirigemmo ancora più a Sud, per rotta vera 166°, perché questi aveva diminuito la sua velocità e non sapevamo quale direzione avrebbe preso in seguito.
Alle 1000 del 14, aveva girato su se stesso, passava sopra la nave scuola a vela "Pamir", carica di studenti dell'Accademia Navale Mercantile tedesca e ne provocava l'affondamento. Aveva a bordo cinquantadue allievi tra i 16 e i 18 anni e trentaquattro uomini d’equipaggio, compreso il capitano e gli ufficiali, per un totale di ottantasei persone. Ricevemmo i segnali di soccorso del Pamir, ma data la distanza, non potemmo fare altro che lasciare l'assistenza alle altre navi, più vicine, che salvarono solo sei membri dell'equipaggio.
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La nave scuola tedesca Pamir |
Invertimmo nuovamente la rotta, dirigendo per rotta vera 228°, per scappare e allontanarci il più possibile. Ci trovavamo leggermente a Nord delle Bermuda. Il giorno 15, alle 0800, seguimmo rotta vera 179°, alle 1200, eravamo a circa 30° di latitudine Nord e longitudine 62° Ovest; Carrie si trovava in latitudine 30°20' Nord e long., 59°00' Ovest. Verso le 18, ci trovavamo a circa 145 miglia distanti dal centro del ciclone, la sua coda creò un moto ondoso tale che non si distingueva più il cielo dal mare e, per quanto fossimo carichi e i Liberty sono navi belle panciute, rollammo e beccheggiammo terribilmente.
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I tracciati seguiti dall'uragano "Carrie", dall'Enrico C. ed il punto di affondamento del Pamir |
Ad un certo momento, sentimmo un rumore fortissimo, un'ondata, prese in pieno la lancia di salvataggio, che per quanto fosse ben rizzata, fu sollevata dal suo seggio e sbattuta contro la paratia al di là della quale si trovava la mia cabina. La paratia non subì danni, ma la lancia che era in alluminio si ammaccò non gravemente. L'inconveniente peggiore fu che dovemmo metterci alla cappa e rizzarla nuovamente con altri cavi di acciaio. L'operazione riuscì e riprendemmo la navigazione. Oramai però pensavamo che l'uragano avesse assunto una direzione netta verso Nord Ovest e decidemmo perciò di far rotta per 100°, dirigendo su Gibilterra. Alle 1200 del 16, Carrie era oramai a Nord delle Bermuda e noi facemmo rotta per 69°, certi che fosse oramai deciso ad andarsene verso la costa Americana.
Alle 1200 del 18, seguimmo rotta vera 85°, ma alle 2400, dovemmo invertire nuovamente la rotta per 105°, scendendo verso il 30mo parallelo che avevamo già superato il 17/9, perché il ciclone, dopo aver superato il 65mo meridiano e il 37mo parallelo, aveva cambiato decisamente direzione e si dirigeva parallelamente a noi con una rotta di 90° a una velocità di 14 nodi, insieme a noi, verso Gibilterra. Il giorno 20, quando ci trovavamo in lat. 30°00'N e long. 40° 00' Ovest, finalmente il ciclone si diresse verso l'Inghilterra e noi, che in quel punto avevamo percorso solo la metà del cammino che ci separava dallo stretto di Gibilterra, riprendemmo la rotta in direzione stretto di Gibilterra.
Il 4/10, verso le 12 circa, finalmente fummo a ridosso nella baia di Gibilterra dove "buncherammo".
Soccorso a petroliera "Bordighera" - Nave passeggeri "Enrico C." - 4/1/1969
IL 4/1/1969, durante il viaggio di andata in sud America, alle 0000, ricevemmo una chiamata di soccorso dalla petroliera "Bordighera", per un marittimo che necessitava assistenza medica. Eravamo circa all'equatore, alle 0240, calammo la motolancia di salvataggio, con a bordo il sottoscritto, il Secondo Ufficiale, il Nostromo, due Medici, l'Infermiere e tre Marinai.
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Capitan Mascolo sull'Enrico C. |
Nel buio della notte e con le onde lunghe di traverso, raggiungemmo la nave, segnalai il nostro arrivo con l'apposito apparecchio a lampi di luce.
Ci trovavamo di poppa alla petroliera, che aveva la prua al mare. Realizzando che non ci offriva ridosso ne da un lato ne dall'altro comunicai, sempre a lampi di luce, di accostare a sinistra per offrirci il ridosso. Questi, noncurante che eravamo sotto la sua poppa, mise in moto l'elica e così dovetti accostare velocemente anch'io a sinistra, traversandomi al mare, che mi fece rollare e imbarcare mare. I due medici, che già soffrivano, erano diventati pallidi come stracci e vomitarono, finalmente poco dopo potei riprendere la rotta per andare sottovento. Il mare era così mosso che fu una impresa salire a bordo dalla scala reale. Comunque salimmo, i medici visitarono l'ammalato che presentava sintomi di occlusione intestinale e pertanto, non potendo intervenire, dopo aver ordinate le prime cure, consigliarono il ricovero in ospedale al primo porto in Venezuela, che si trovava sulla loro rotta a due giorni di navigazione.
Ritornammo a bordo, accolti da applausi dei passeggeri accorsi a vederci dalle passeggiate dei vari ponti della nave.
Un mare d'erba ad Abidjan (Costa d'Avorio) - “Merzario Arabia” - 29/12/1986
Il 29/12/1986, alle 1045, arrivammo ed ancorammo davanti alla boa foranea del porto d’Abidjian, in attesa del pilota e della marea per poter entrare nella laguna Ebrié, sulla quale si erge la città
Alle 1130 circa si entra in canale poi, con mia grande sorpresa, nella baia interna, ci appare davanti alla prua un mare d'erba, molto alta, circa 40/50 cm.!
Davanti a questo spettacolo inatteso, chiedo al pilota la sicurezza della navigazione e delle eliche. Mi assicura che non ci saranno danni. Non faccio in tempo a sentire questa frase che, avendo eseguito il suo consiglio, muovo l'elica di manovra di prua ma, in una frazione di secondi, sento uno strano rumore. Fermo immediatamente il motore dell'elica di prua, nel frattempo mi chiama il Direttore di Macchina chiedendomi cosa sta succedendo. Ci accorgiamo che il motore e il generatore d'asse dell'elica prodiera sono andati in avaria. Mi sembrava di saperlo! In seguito, terminato la manovra, uno dei nostri si immerge e ci comunica che una grossa corteccia d'albero si è incastrata nell'elica e ha provocato l'avaria al motore. Continuiamo la manovra con l'ausilio di un rimorchiatore che era già affiancato perché obbligatorio.
In quel porto, il legname in tronchi d'albero arriva via fiume che sono poi rimorchiati fino sotto le navi per l'imbarco. Era logico che le cortecce con l'umidità si potessero staccare, ma questo avrebbe dovuto dirmelo il pilota e non arrivarci per deduzione successivamente dopo le spiegazioni delle autorità portuali.
Quel prato d'erba nel quale sembrava di navigare, quando la marea era bassa usciva dal porto e scompariva completamente facendo apparire le acque limpide e normali; quando la marea era alta, entrava con la corrente e lo copriva di quest’erba, tramutandolo in un giardino galleggiante.
Questo fu seguito e notato da me successivamente, solo che per entrare e uscire con il nostro pescaggio, necessitavamo navigare con l'alta marea altrimenti all'entrata avremmo toccato il fondo nel punto di barra.
Alle 1300 circa siamo ormeggiati in banchina.
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La Merzario Arabia/Jolly Ocra ad Abidjan: notare la vegetazione in mare |
Pericolo continuo di furti!
Calata giù la rampa in banchina, il 1° Ufficiale scendeva a terra per leggere i pescaggi e controllare l'effetto erba tutto attorno alla nave, ma non fa in tempo ad arrivare sulla rampa che sette indigeni salgono a bordo di corsa, arraffano un sacco di cacao (60 Kg.) a testa e scappano come saette!
Il 1° Ufficiale riesce a fare lo sgambetto ad uno di loro che cade ma, rialzandosi come una scimmia, senza che si riesca a fermarlo, abbandona il sacco e scappa via.
Di notte si fa la guardia con un guardiano, un soldato di terra, più due nostri marinai; di giorno, solo con un guardiano di rinforzo.
Imbarchiamo tavole di legname (in pacchi), ma la caricazione procede molto lentamente.
Il 31/12 siamo ancora ad Abidjian, con la paura continua di furti. Imbarchiamo in tutto, 1578 mc. di legname per Salerno e Livorno.
Assieme al Direttore di Macchina, accompagnati dall'agenzia marittima, andiamo in macchina a visitare la città, che è molto bella, sembra che tutti gli architetti europei, in particolare tedeschi ed italiani, abbiano dato sfogo alla loro arte e bizzarria nelle costruzioni di questa città.
Ritornammo poi a bordo e ci ritrovammo nella realtà della zona portuale.
Alle 1900 terminano le operazioni, ma non possiamo partire. La polizia non ci dà più il militare armato, ma solo due guardiani che hanno più paura di noi.
Cerchiamo di passare l'ultimo dell'anno tranquilli e festeggiando.
Capodanno 1987
Verso le 0230, veniamo assaliti da quattro indigeni, armati di machetes e coltelli! Minacciano sia i guardiani sia i marinai. Spaventati però dall'arrivo del personale di bordo, scappano via rubando solo un sacco di cacao. Rimaniamo in allerta tutto il tempo. Dopo circa mezzora, vediamo passare un poliziotto in moto, gli chiediamo di mandarci una scorta armata sulla rampa. Dopo un'altra mezzora, ritorna accompagnato da altri due poliziotti e contrariamente a quello che ci aspettavamo, cioè che si mettessero di guardia, ci ricattano richiedendoci dieci stecche di sigarette. Io gliele nego e ordino di chiudere la rampa, nonostante il pericolo che la forte corrente di marea ci può traversare, perché siamo ormeggiati in andana, ma saremo certi di non essere assaliti da persone malintenzionate che, armate, ci avrebbero fatto fuori in poco tempo in quanto noi eravamo in tutto solo diciotto e senza nessun’arma.
Notiamo un movimento continuo in banchina e riceviamo intimidazioni anche da parte della polizia di calare la rampa, ma io non mi arrendo e avendo già avvisato i piloti, rimaniamo tutti in piedi in tale attesa, passando un bell’inizio d'anno.
Alle 0700, sale il pilota, ammainiamo la rampa giusto il tempo sufficiente per farlo salire, poi la tiriamo su nuovamente. Alle 0800 partiamo e ci stacchiamo dalla banchina, alle 0900 siamo fuori in oceano, sbarchiamo il pilota e mettiamo in rotta ma, dopo circa quindici minuti, siamo costretti a fermare le macchine per le alte temperature e alte pressioni dei motori. Tutto ciò per l'intasamento dei refrigeranti causa la folta vegetazione esistente nella rada interna del porto. Verso le 1130 circa rimettiamo in moto e avendo terminato le nostre peripezie in questi porti, facciamo rotta per La Spezia. Il 2/1 fermiamo per circa 5 ore il motore principale di dritta per provare il generatore d'asse dell'elica di prua, continuando a navigare solo con quello di sinistra ma invano, perché non è funzionante e tale rimane. Continua la navigazione verso il Mediterraneo.
Rotta per Marsiglia - 9/1/1987
Il 9/1/1987, appena passato lo Stretto di Gibilterra ed entrati nel Mediterraneo, arriva un telex dalla Compagnia Noleggiatrice Ignazio Messina che infroma di procedere per Marsiglia regolando la velocità per l'arrivo all'alba del 12 gennaio. Verso le 1500 riduciamo l'andatura, ma alle 2000 riprendiamo la velocità normale, in quanto dal bollettino meteorologico spagnolo, apprendiamo che nel Golfo del Leone c'è vento da NW (mistral) in peggioramento.
Verso le 1000 circa del giorno 10, il vento da SW gira a NE con forza 5/6, alle 1500 gira a NW raggiungendo forza 8 con mare grosso, la nave beccheggia fortemente e proseguo con rotte di convenienza da evitare al minimo lo stress alla nave e al carico, ridossandomi il più possibile, randeggiando il Golfo del Leone. Verso le 1700, il vento raggiunge forza 10, il mare è tempestoso da NW 8. Il beccheggio aumenta, forti colpi di mare sotto lo scafo, imprimono violente vibrazioni a tutta la nave.
Passiamo la notte fra il 10 e l'11 stando in piedi con grande acrobazia, il vento ed il mare continuano da NW forza 8/9. Siamo in arrivo a Marsiglia verso le 0600, chiamo i piloti che ci comunicano di avvicinarci il più possibile, che arrivano subito. La cosa mi rallegra, imbarchiamo il pilota alle sei e trenta e con l'ausilio di due rimorchiatori perché siamo senza elica di prora ed il vento è sempre abbastanza teso. Alle 0730 siamo attraccati con il lato dritto in banchina e la rampa sul dente (della banchina) di poppa.
Un apres midi de chien (Un pomeriggio da cani)
Dalle 0830 alle 0920, nuovo posto di manovra, in quanto la forte risacca e il vento ci allargano la poppa, nonostante la rampa. Diamo altri due cavi a batticulo di poppa, ci trinchiamo sotto meglio possibile e speriamo di stare tranquilli fino al giorno dopo. Ma sono tutte vaghe illusioni.
Dalle 1230 alle 1330, nuovo posto di manovra, il vento "Mistral", ci prende al traverso sulla dritta, rinforziamo anche l'ormeggio di prua.
Alle 1530, sentiamo come un colpo di fucile, dal ponte vediamo che si è rotto un cavo a prua, di seguito altre schioppettate, si rompono uno dopo l'altro, quattro cavi che ci ormeggiavano la prua, più gli altri due che scivolano sulle bitte per l'eccessivo sforzo. Non potendo intervenire per non essere frustati dai cavi, con chissà quali conseguenze per le persone, li lasciamo filare a mare completamente. Nel frattempo un ufficiale e il nostromo a prua, dietro mio ordine, siccome la nave si sta disponendo a 45° dalla banchina, danno fondo l'ancora di dritta e poi quella di sinistra per agguantarci il più possibile. Si mettono in moto le macchine, si chiamano i rimorchiatori, pilota e ormeggiatori, ma nessuno risponde, perché il vento ed il mare anche in porto, sono così forti che non permettono ad alcuno di muoversi.
Verso le 1600, si rompono gli altri cavi anche di poppa. Per non rompere la rampa che è ancora in banchina, con una manovra la più dolce e veloce possibile, alziamo la rampa. Fra le ancore che ci agguantano, le macchine che una in moto avanti l'altra indietro, il timone tutto a dritta contrastano l'abbattimento e si riduce l'abbrivo a sinistra che aveva preso la nave. Dopo aver ruotato per 90°, ci appoggiamo fermandoci dolcemente sulle entrate dei bacini 8 e 9.
Presi una grossa paura, quando vidi abbattersi la prua verso le porte dei bacini che erano chiusi, ma vuoti!
La distanza esatta che mi separava dal ponte alla prua mi veniva segnalata dall'Ufficiale sul posto che mi permetteva di distinguere dove andavo ad appoggiarmi con la prua. Fortunatamente, il mascone di sinistra, si appoggiò oltre le porte sulla parte in muratura e quindi senza nessun altro pericolo.
Alle 1620 ormeggiammo sui bacini. Gli ormeggiatori ci ricuperarono i cavi rotti e sfilati che erano a mare, terminando l'ormeggio. A quel punto ci tranquillizzammo, il vento ed il mare non avevano più nessun effetto sullo scafo.
Alle 1730 termina il posto di manovra e mentre il personale va a rilassarsi e mangiare qualcosa perché con questi problemi non passava nemmeno per la mente il vuoto allo stomaco, provvedo ad avvisare dell'accaduto la Compagnia noleggiatrice, la Merzario e il UK. P.I. Club.
Il 12 gennaio, dalle 0730 alle 0940 circa, con pilota a bordo, 3 rimorchiatori e macchine in moto, si manovra per ritornare alla banchina iniziale, ruotando di 90° a dritta.
Gli ormeggiatori lavorano fino alle 1030 per riportarci i cavi da poppa a prua, quelli mollati a mare, con i quali possiamo terminare l'ormeggio.
Facciamo l'inventario dei danni alla presenza del Perito del P.& I. Club che risultano: a prua, bugna all'altezza dei pescaggi 4.60/5.60, cioè di un metro d’altezza per 1,5 di larghezza per 15 cm. di profondità. Sullo spigolo di poppa, bugna di circa 2 metri di altezza per 1 di larghezza per 25 cm di profondità; sette cavi rotti. Sulla banchina, scrostamento della stessa a causa dello strisciare della rampa, ma cosa irrilevante.
I giornali locali, parlano e pubblicano la fotografia della nostra nave con i cavi rotti in acqua.
Dicono: Conséquence directe de la tempéte qui souffle sur Marseille, la Méditerranée a vécu un après-midi agité. La "Linea Messina" vient de rompre ses amarres et, poussé par le vent, va s'échouer à l'entrée de deux formes.
Continua col dire: A memoria di marinaio si è visto raramente ciò che si è visto ieri, verso la fine del pomeriggio, le raffiche del vento raggiungevano i 220 KM/h nella rada del porto. Due navi si sono trovate in difficoltà, ma mentre per la prima, si riusciva ad intervenire, per la seconda, la situazione si è rivelata più difficoltosa, perché la nave era all'entrata del porto, in una banchina non utilizzata abitualmente. Fortunatamente nessun dramma particolare si è verificato durante questa domenica dove il ghiaccio e la pioggia, avevano rimpiazzato i caldi raggi del sole.
Alle 1945, terminano le operazioni commerciali, alle 2000, pilota a bordo, ci stacchiamo dalla banchina e alle 2100, siamo finalmente nuovamente in mare aperto in navigazione per La Spezia.
Il 13/1 si naviga con vento da Nord forza 9 e mare forza 8, forti piovaschi misti a neve, colpi di mare sotto lo scafo, rollio e beccheggio.
Alle 1430 siamo davanti al porto di La Spezia e alle 1545 ormeggiati in andana alla banchina della Ignazio Messina.
Così termina l'avventura dell'Africa Occidentale.
Arrivano le mogli, dimentichiamo apparentemente tutto, andiamo in giro per la città e a cena in un ristorante locale a mangiarci un po' di pesce buono.
Beirouth in Libano - 15/1/1987
Il 15/1/1987 partiamo per Alessandria d'Egitto, facciamo le nostre operazioni regolarmente, poi proseguiamo per Beirouth in Libano. Il 20 gennaio siamo in porto e, mentre si effettuano le operazioni di sbarco del carico, una ventina di miliziani con le armi in pugno salgono la rampa, bloccano tutto l'equipaggio puntandoci le armi contro. Non ci vuole tanto perché noi siamo solo in diciotto.
Mentre una parte tiene il personale sotto la minaccia delle armi, un piccolo gruppo con a capo il loro comandante, intima all'Ufficialele di guardia sulla rampa di accompagnarli dal Comandante. Sono in cabina con la porta aperta seduto alla scrivania a scrivere le mie solite carte, mi sento intimare di alzare le mani e mi puntano il loro mitra al petto! Chiedo cosa succede e cosa vogliono, mi rispondono che stanno cercando una spia che, da informazioni ricevute, è nascosta a bordo. Invitandoli ad abbassare le armi, spiegandogli che noi siamo disarmati e che non hanno nulla da temere, metto a loro disposizione tutti i documenti dell'equipaggio. Affermano che trattasi di una donna...allora scherzando e superando la paura che mi aveva preso subito, dico di controllare bene la mia cabina e se non trovano una donna lì, non la troveranno sicuramente in tutta la nave!
Controllano intanto tutti i ponti, guardano nella mia cabina, fanno un ultimo giro accompagnati da me per gli altri ponti della nave, aprono anche qualche contenitore libero da ostacoli e poi tranquillizzatisi, se ne vanno.
Una brutta ora era finalmente trascorsa!
Foto e testi di Aldo Mascolo (10/08) |