Spesso si sente parlare della “nave più bella del mondo”. Come ogni complimento di rilievo, un’affermazione del genere riempie di legittimo orgoglio chi la riceve. Nel mondo della cultura marittima, spesso ci siamo chiesti quali fossero i criteri per stabilire quale nave potesse essere considerata la più bella. Ancora oggi, le risposte sono molteplici: talvolta si basano sul “sentito dire”, altre volte sull’esperienza diretta vissuta a bordo; in molti casi, riflettono semplicemente la sensibilità di ciascuno.
Per fare un po’ di chiarezza, abbiamo perciò ideato una nave ipotetica, la Moon Magique, e l’abbiamo sottoposta ai pareri — autorevoli e virtuali — di un rinomato architetto navale, un celebre pittore di marineria e una notissima stilista di moda.
Attraverso il commento della stilista, i tre delineano qui di seguito le misure che, secondo loro, dovrebbero definire — appunto — la bellezza di una nave. E lo fanno in maniera, diremmo, oggettiva, cioè chiarendo il motivo della loro preferenza. Diverso sarebbe stato enunciare un giudizio puramente soggettivo, cioè uno schietto “mi piace – punto”.
Facendo così, non vogliamo certamente imporre una verità assoluta, ma solo stimolare in chi legge uno sguardo più attento e curioso sull’argomento.
Lo studio dell’architetto navale (Archivio Capitani AI)
“La Moon Magique non è solo una nave, è una forma assoluta. È come se il mare l’avesse sognata prima ancora del suo varo. Il suo profilo — una linea curva appena accennata, interrotta solo dove necessario — possiede quella forza silenziosa che appartiene agli oggetti davvero compiuti. Nulla è lì per caso. Ogni dettaglio ha un motivo che non si impone, ma sussurra.
Il tagliamare fende l’acqua con un’eleganza trattenuta, come una lama sottile che non ha bisogno di ostentare la propria forza. La sovrastruttura si dissolve salendo, come nebbia disegnata dalla geometria. Le superfici dei casseri non riflettono per abbagliare, ma per evocare: all’alba imitano la madreperla, al tramonto si tingono di rame e malva. Non è decorazione, è progettazione della luce, è couture in architettura navale.
A bordo, tutto scorre con armonia. Nessun angolo ostile, nessuna linea interrompe il passo. È come se la nave assecondasse chi la percorre, avvolgendolo. Ogni scala si curva come una spirale marina, ogni corridoio ti accompagna senza sforzo verso una scoperta. Gli interni sono disegnati come un abito che conosce bene chi lo indossa: sobri, precisi, intimi. Sono carezze di spazio, volumi che non hanno bisogno d’oro per essere preziosi.
Il laboratorio del pittore di mare (Archivio Capitani AI)
E dietro il design c’è una macchina ineccepibile e performante: le cisterne nei doppi fondi abbassano magistralmente il baricentro, offrendo così maggiore stabilità e un comfort autentico anche in condizioni avverse. L’ elica — silenziosa come un ventaglio — sospinge a volte lo scafo con tale grazia che l’acqua sembra non accorgersene. È la tecnica, che si annulla nel gesto che si veste di semplicità, ma che si percepisce nel modo in cui accosta, nel modo in cui la carena tiene l’onda lunga come fosse seta spiegata.
Ed è questo il segreto: la Moon Magique non mostra mai la fatica. Il suo fascino sta nell’inevitabilità della forma, come una silhouette perfetta che non ha bisogno di estensioni.
L’atelièr della stilista (Archivio Capitani AI)
Inoltre, lei non è solo un capolavoro estetico, è pure un frammento di storia. Ha segnato un’epoca nella progettazione navale, ha ospitato incontri transnazionali, attraversato tutti i simbolici oceani, rappresentato un Paese; è il frutto maturo di un’arte tecnica e culturale che si cristallizza in un unico elemento.
La sua bellezza non è soltanto visibile: è documentata, testimoniata, tramandata. Chi la contempla non sa se sta osservando una nave o un’emozione in movimento, ma sa con certezza che qualcosa è cambiato nel mare, nella luce, nei propri occhi.
E questo è il segno della perfezione.”
Bruno Malatesta
(ascolta qui l’ottimo podcast a due voci)